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In difesa di Bridgerton: il romance è un genere, come insegna (non solo) Shonda Rhimes

09/01/2021 15:00

Aurora Tamigio

Editoriale, Serie Tv Storico, Serie Tv Romantico, Shonda Rhimes, Shondaland,

In difesa di Bridgerton: il romance è un genere, come insegna (non solo) Shonda Rhimes

Le critiche a Bridgerton sono state feroci. La domanda è: come mai ce l'avete così tanto con il romance e con Shonda Rhimes?

Le critiche a Bridgerton sono state feroci. La domanda è: come mai ce l'avete così tanto con il romance e con Shonda Rhimes?

Bridgerton è approdata su Netflix il giorno di Natale 2020, quindi è possibile che a molti/e di voi abbia tenuto compagnia durante le Feste. Sono solo otto puntate, perciò se avete fatto bingewatching o l’avete finita in un paio di giorni, non siete fuori di testa.

 

Anzi iniziamo subito con il dire che potete rilassarvi, va tutto bene. Fate un respiro, prima di continuare la lettura. Nessuno, nelle prossime righe, cercherà di convincervi che se Bridgerton vi è piaciuta, è perchè non capite niente di cinema e di televisione. Qui siete al sicuro.

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Certo, non deve essere stato facile leggere su alcune delle più famose testate cinematografiche e per mano di eminenti firme che, se avete visto questa serie, avete sprecato il vostro tempo e annebbiato il vostro cervello. Ma qui tra noi siete a casa. Io ho finito Bridgerton nel corso di un lungo pomeriggio. È stato un bel pomeriggio.

La serie è prodotta da Shonda Rhimes, creata da Chris Van Dusen e basata sui romanzi di Julia Quinn. È un period drama ambientato in Inghilterra durante la Regency-era. Al centro c’è una storia d’amore tra un Lui e una Lei - per semplificare diremo che è in stile Jane Austen, anche se non è nemmeno tanto vero - attorno alla quale orbitano le vicende di personaggi appartenenti a due famiglie bonariamente rivali dell’aristocrazia britannica.

 

La trama non è l’aspetto più innovativo dello show prodotto da Shonda: più interessante è l’ambientazione fantastorica, la trattazione innovativa di alcuni temi (soprattutto quelli legati al femminile) e lo splendido lavoro di adattamento fatto sui costumi, sulle scenografie e sulle musiche.

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Bridgerton è su Netflix dal 25 dicembre 2020. Trattandosi della prima collaborazione tra la piattaforma streaming e Shondaland, ancora prima della sua uscita si chiacchierava parecchio di questa serie. A ridosso della messa online, le recensioni hanno iniziato a fioccare. E, sin dalle prime visioni, una componente è emersa chiaramente: secondo molta critica - non si parla (solo) di cinefili dell’internet, ma anche di stampa ufficiale - il romance è un genere di serie B. Non sto neanche a mettermi seduto in poltrona, guarda, tanto già lo so che lui ama lei, lei ama lui, non possono stare insieme, chissà se staranno insieme.

 

Non parliamo poi se è ambientato nel passato: tempo due minuti e qualcuno farà un paragone con gli Harmony. È una cosa per le masse, una cosa da femmine, una cosa non interessante. Una sciocchezza.

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Un dubbio ha iniziato a frullarmi nella testa mentre, prima di approcciare Bridgerton, leggevo queste critiche così snob, beffarde addirittura. Ma a qualcuno interessa capire di che cosa si tratta, veramente? Come mai questo atteggiamento, voglio dire: è Shonda Rhimes. Nel 2007 inserita tra le 100 persone più influenti del mondo dalla rivista Time. Scandal è la prima serie nella storia della tv con una donna afroamericana protagonista. Grey’s Anatomy è il medical più longevo mai realizzato.

 

Come mai non vi interessa sapere perché Shonda ha prodotto Bridgerton e non un’altra cosa? Forse perché c’è sempre qualche elemento che sfugge quando si tratta di romance.

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Domanda. Potreste dire di avere espresso una competente opinione su Gangs of London (per chi non lo sapesse, straordinaria serie molto più che action arrivata su Sky nell’estate 2020) senza conoscere la filmografia del creator Gareth Evans, senza avere visto il suo The Raid e senza sapere niente dell’action iperrealistico di cui questa serie è un’eccellente esponente? La risposta è no.

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Non trovate, allora, che se esce un romance in costume, chi non ha mai letto Orgoglio e Pregiudizio né mai visto un period drama in vita sua dovrebbe prima colmare queste lacune e dopo esprimere un giudizio? E invece. Ogni volta che un film romantico ha successo, c’è sempre qualcuno che viene fuori a dire che questa è televisione di serie B.

 

Che il romance è una cosa da femmine. Oltre ai già citati Harmony, nel caso di Bridgerton si è scomodata la tv di consumo (salvati, Elisa di Rivombrosa) e usato il paragone col teen come una specie di insulto (poi mi dite che cosa avete contro Gossip Girl).

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L’action di Gareth Evans si sta (quasi) liberando dei pregiudizi della critica snob, sostenuto e difeso dalla passione dei fan. La strada della salvezza per il romance invece, è ancora lunga.

 

Come la distopia fantascientifica e l’action, la commedia romantica e il period drama sono generi che non smetteranno mai di essere scritti e riscritti.

 

Possono essere declinati in forme insignificanti oppure essere utilizzati, in quanto generi popolari, per dire cose importanti al maggior numero di persone nello stesso tempo. E può non piacervi Shonda Rhimes ma ammetterete che, quando si tratta di usare il comfort tv show per parlare di attualità e politica, nessuno/a è migliore di lei.

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Fa ridere leggere che Shonda è per le masse, come se fosse un insulto: certo che sì, fa televisione popolare da sedici anni. Oltretutto nel caso di Bridgerton stiamo parlando di Netflix: nel bene e nel male, al momento, una delle cose più popolari che esista.

 

Curioso. Pur di sentirci raccontare la solita storia di genio e sregolatezza, travestita da sofisticato dramma e intrisa di male gaze, siamo disposti a sorbirci interi minuti di scacchi. Ma non riusciamo a sopportare un po’ di romance, neanche se i contenuti che si celano dietro al drammone Jane Austen sono degni di essere ascoltati.

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