L'uomo che visse nel futuro (1960) vs The Time Machine (2002): un confronto tra i due film tratti dal racconto di uno dei padri della fantascienza H.G. Wells
Siamo nel 1895 quando lo scrittore inglese Herbert George Wells scrive il racconto lungo The Time Machine, una delle prime narrazioni a raccontare il concetto di viaggio nel tempo attraverso l’ideazione di un vero e proprio mezzo di trasporto.
Questo racconto, nella storia del cinema sarà di ispirazione diretta per due opere cinematografiche: la prima, datata 1960, è L'uomo che visse nel futuro, per la regia di George Pal; la seconda, 2002, The Time Machine è diretta da Simone Wells e interpretata da Guy Pearce. I due film non sono lontani nel tempo, ma si caratterizzano per essere due adattamenti parecchio diversi dell’originale di Wells.
Di che cosa parla The Time Machine di H. G. Wells
Il protagonista del racconto non ha nome, si tratta di un giovane e benestante scienziato britannico, che verrà chiamato solo “il viaggiatore del tempo”. Sapiente e geniale tanto da risultare “diverso” , suo malgrado, poco credibile, l'uomo ha pur sempre una cerchia di amici importanti, appartenenti a vari campi del sapere (giornalisti, scrittori, avvocati, medici...) che invita a casa propria in occasione del grande esperimento che si propone di compiere: viaggiare nel tempo.
Inutile dire che, nonostante l'evidenza, nessuno gli crede. La mente adulta rifiuta quel che non rientra in ciò che, fino a quel momento, aveva ritenuto possibile. Se possiamo viaggiare nello spazio – spiega il viaggiatore del tempo – possiamo farlo anche con il tempo. Quello che lo muove non è solo il desiderio di sapere e conoscere, tanto che il suo primo viaggio non sarà nel passato ma nel futuro, quanto una filantropica e generosa fiducia nel miglioramento della società umana.
In futuro, egli crede, avremo sconfitto malattie e povertà, e il suo intento è andare a scoprire questo Eden che, però, non si rivelerà affatto tale. Il mondo, solo in apparenza idilliaco, popolato dagli eloi, piccoli esseri di bell'aspetto ma di limitato intelletto, si contrappone di giorno a quello dei morlock, creature ingegnose ma viscide e sgraziate, che vivono nel sottosuolo e ne escono di notte solo per cibarsi degli eloi, trattati come autentiche mucche da pascolo.
Nel suo racconto, Wells propone una storia di aberrazione sociale: i poveri sono stati tenuti per secoli a lavorare nelle fabbriche, che si è pensato di trasferire sottoterra perchè sporche e brutte; i privilegiati sono rimasti alla luce del sole, dediti a godimenti e divertimenti, per tanto di quel tempo che la loro intelligenza si è spenta, non dovendola più esercitare.
Ma alla fine è arrivata l'ora della resa dei conti e la situazione di sudditanza si è ribaltata. In questo cupo pessimismo, resta una sola speranza, una sola bellezza: un piccolo fiore appassito. Quello che una ragazza eloi ha donato al viaggiatore del tempo, in segno di riconoscenza per averla salvata ma, specialmente, di profondo affetto. Resta quindi, per Wells, l'amore, unico dono che rende gli umani, spogliati di intelligenza (eloi) in un caso, e di bontà bellezza nell'altro (morlock), degni ancora di questo nome. Il dono gentile di un fiore come ultimo baluardo di civiltà.
L'uomo che visse nel futuro, il film di George Pal
Il film L'uomo che visse nel futuro, per la regia di George Pal, si attiene con discreto rigore alla storia narrata da Wells. Lo statuario Rod Taylor è, letteralmente, l'eroe che viaggia nel tempo, mentre Yvette Mimieux è la bionda eloi dal viso angelico, che ne diventa l'occasionale compagna.
Questo film americano, uscito nel 1960, riflette in pieno le paure belliche del tempo, la Guerra Fredda, lo spauracchio del nucleare. Il mondo è stato distrutto e si è poi ricostruito, all'inizio senza difetti, tanto che gli umani si sono spontaneamente divisi tra chi riusciva a vivere sopra e chi sotto la superficie terrestre, ma la brutalità e la sopraffazione non ne sono scomparsi. Scompare invece la critica sociale di Wells, per far emergere il tema della guerra e dell'azzeramento della conoscenza, contro cui però l'uomo con degli ideali (il viaggiatore del tempo) cerca di combattere.
Il film, caratterizzato da effetti speciali notevoli per il tempo, è un viaggio divertente e piacevole che esorta al risveglio della propria dignità e coscienza, attraverso il ripristino della cultura ma anche della viva ribellione.
The Time Machine: il film 2002 di Simone Wells
Anche se riprende fedelmente il titolo del libro, The Time Machine del 2002, di Simone Wells, è meno fedele all'originale rispetto all'opera di George Pal. Lo smunto Guy Pearce è lo scienziato che, per amore e solo per amore, compie il disperato viaggio nel passato per riportare in vita la sua Lei. Compreso che non c'è nulla da fare (la donna muore lo stesso) decide di andarsene nel futuro quasi per caso e per un guasto meccanico. Lo attenderanno bellezze esotiche, ma anche un furibondo e deforme Jeremy Irons, capo dei morlock.
Avventuroso ma melenso, The Time Machine può contare solo sugli effetti speciali.
Si immagina una popolazione che vive arroccata su gole scoscese e un mondo dove la luna, a furia di essere trivellata, è adesso distrutta e frammentata: ecco qui la nuova paura degli anni 2000, la distruzione del pianeta è stata causata da disastri ecologic. Quel che muove il nostro protagonista non è la fiducia nel genere umano o la sete di conoscenza ma la scoperta che, chiusa una porta, si apre un portone. Ed infatti troverà un nuovo amore.
Le differenze tra i due film tratti da H.G. Wells
Sembra proprio che più si vada avanti e più la capacità di immaginare e sperare del genere umano, invece di ampliarsi, diventi piccola. Viaggiare nel tempo, tra le pagine di Herbert George Wells, era il sogno per migliorare la civiltà umana. Al cinema si trasforma, prima, in un monito contro le guerre; poi nella paura del disastro ecologico, condita di romanticismo; infine, passando per la saga di Ritorno al Futuro, in un personale regolamento di conti nel segno della propria individualità, senza più curarsi del destino del mondo.
Il breve e celeberrimo capolavoro dello scrittore inglese ci riporta a un tempo in cui la scienza era spunto per il sogno, per immaginare un impensabile che diventava possibile. Lo scienziato era un avventuriero di elevato intelletto, umanità e capacità di immaginazione.
La sensazione è che nella contemporaneità la scienza sia diventata, paradossalmente, non più una finestra aperta ma un muro, un confine al di fuori del quale niente altro esiste.
Di fronte a una possibilità così immensa - il viaggio nel tempo - e così ampiamente sfruttata dal cinema e dalla TV, da H.G. Wells in poi, oggi noi cosa faremmo? Ci limiteremmo a cercare vincere alla lotteria di Capodanno o siamo ancora in grado di sognare il meglio per il genere umano, di sperarlo e di desiderarlo? Bella domanda.