Tra le pellicole apparse a questo 30° Festival del Cinema Africano, dell'Asia e dell'America Latina - Fescaaal merita una menzione speciale Los Lobos di Samuel Kishi: un film fatto apparentemente di niente, ma in grado di toccare il cuore come pochi altri. Una giovane donna, rimasta sola con i suoi due bambini, attraversa il confine Messico-Stati Uniti per iniziare una nuova vita.
La camera di un motel diventa la casa nella quale Max e Leo attendono il ritorno della madre, dopo il turno di lavoro. Un vecchio mangianastri è l'unico tramite con il mondo esterno, oltre che con il passato: la voce del nonno che canta loro una canzone, le parole in inglese da memorizzare, le regole da rispettare. Prima fra tutte, non uscire mai dalla stanza. La fantasia a quell'età dà una bella mano, e le lunghe giornate sembrano passare in fretta.
Ma quando Max disobbedisce e apre la porta a un gruppo di “amici”, il tubo di patatine, nel quale erano nascosti tutti i risparmi, il giorno dopo non si trova più: per Lucia non resta che aggrapparsi a un gruppo di preghiera e al banco alimentare.
C'è una vecchia e nota canzone che sembra raccontare proprio questa storia: Messico e nuvole. Los Lobos è riempito di cielo e nuvole, all'inizio e alla fine, ma anche quando non si vedono: perchè in quel primo tempo, girato tutto dentro una stanza, la luce è elemento straordinario (come nella sequenza con le sagome in controluce alla finestra, che tentano Max e Leo a uscire): il cielo in una stanza, viene da dire ricordando un'altra notissima canzone.
«Loro affermano di essermi vicino ma stanno mentendo tutti/Sono solo in una scatola di pietra/è questo il posto a cui ora appartengo/è la mia casa» canta poi nel film Benjamine Clementine. Ma si tratta di un isolamento che continua anche fuori, nel secondo tempo: è quello del muro che ha chiuso l'America ai messicani, quello della miseria, quello di una lingua che non si comprende. Come quella della padrona di casa (che riuscirà comunque a stabilire un legame con i bambini), o quella lingua inglese da imparare con le audiocassette: «We want to go Disney, one ticket please»
Samuel Kishi filma l'infanzia come se ci fosse dentro, restituendone lo stupore per le cose che non conosce (sembra tutto enorme, dalla stanza al mondo appena fuori dalla porta), o per quelle che non capisce: il sesso («Un mostro stava mangiando una ragazza»), la droga («Papà se n'è andato per una lampadina»). Personaggi tutti perfettamenti riusciti, sia i lupi (los lobos) Max e Leo che devono proteggere la loro casa, sia la loro madre Lucia, che deve portare da sola il carico emotivo della vicenda.
Un film piccolo ma impeccabile in tutto: nella sceneggiatura, nella fotografia, nei suoi interpreti; preciso come un documentario, toccante proprio come una canzone che arriva dritta al cuore.
Alla fine c'è un raggio di sole, che sembra annunciare l'“happy end”, ma le nuvole sono ancora tutte là: «Messico e nuvole la faccia triste dell'America/ il vento soffia la sua armonica/ che voglia di piangere ho».
Genere: drammatico
Titolo originale: Los Lobos
Paese: Messico, 2019
Regia: Samuel Kishi
Sceneggiatura: Samuel Kishi, Sofía Gómez Córdoba, Luis Briones
Fotografia: Octavio Arauz
Montaggio: Yordi Capó, Carlos Espinoza Benítez, Samuel Kishi Leopo
Interpreti: Martha Reyes Arias, Maximiliano Nájar Márquez, Leonardo Nájar Márquez, Cici Lau, Johnson T. Lau
Produzione: Animal de Luz films
Distribuzione: FiGa Films
Durata: 95'