Che ce lo immaginiamo oppure no, c’è stato un tempo in cui la carriera di Alfred Hitchcock si è trovata in una fase di stallo. Il regista era sempre più spesso sminuito e i suoi film considerati commerciali (come se poi, questa parola, debba essere un insulto): insomma, alla fine degli anni Cinquanta le cose per Hitchcock non giravano bene.
Fino a quando un giovane regista francese, innamorato del cinema e soprattutto di quello di Alfred Hitchcock, decide di fargli un’intervista: è così che François Truffaut porta Alfred Hitchcock alla ribalta e alla fama internazionale. E sapete quale film gli ha dato l’ispirazione per quella che è diventata la chiacchierata più famosa del cinema? La finestra sul cortile. Ma andiamo per ordine.
Nel 1957 Éric Rohmer e Claude Chabrol pubblicano il volume Hitchcock. I due autori, prima ancora di diventare registi loro stessi e di dare vita a quella cosetta chiamata Nouvelle Vague, svolgono una intensa attività critica sui Cahiers du cinéma, fondati nel 1951. Nelle pagine conclusive del loro saggio dedicato a Hitchcock i due autori scrivono: «Hitchcock è uno dei più grandi inventori di forme di tutta la storia del cinema».
A quei tempi, come si diceva, la carriera di Alfred Hitchcock era affermata ma ben lontana da essere considerata quella di un autore: si parlava di lui come di un regista mainstream, pure un po’ ripetitivo vista la sua produzione - diremmo oggi - seriale, di film. Non contribuiva a farlo prendere sul serio nemmeno la sua serie tv Alfred Hitchcock presenta: questo show, da lui creato a partire dal 1955, con 7 stagioni e 268 puntate (17 dirette da Hitchcock in persona), oggi è un cult ma allora gli aveva procurato il definitivo marchio di “regista popolare” e “commerciale”.
I critici dei Cahiers du cinéma sono i primi a proporre un nuovo modo di vedere il cinema di Hitchcock, considerandolo di grande ispirazione per la Nouvelle Vague. E nel 1962 uno dei più celebri esponenti della Nouvelle Vague è proprio François Truffaut.
Nel 1962 Truffaut si trovava a New York per presentare il suo film Jules e Jim. Qui, riceve sempre la stessa domanda: «Perchè i critici del Cahiers du Cinema prendono sul serio Hitchcock? È ricco ha successo, ma i suoi film non hanno sostanza». La goccia che fa traboccare il vaso della pazienza di Truffaut è quando, mentre si trova a parlare con entusiasmo di La finestra sul cortile, un critico americano gli dice: «Le piace La finestra sul cortile perché, non essendo di casa a New York, non conosce bene il Greenwich Village». E Truffaut risponde: «La finestra sul cortile non è un film sul Village; è semplicemente un film sul cinema e io conosco il cinema».
François Truffaut, che prima di essere critico e regista, era un cinefilo attento e combattivo, grazie a questa domanda capisce quanto fosse necessario far conoscere davvero Alfred Hitchcock a quante più persone possibili. Fare conoscere Hitchcock al pubblico, che già lo aveva presente per le apparizioni tv e per i film di successo; fare conoscere Hitchcock alla critica che lo snobbava.
Ha così l’idea di contattarlo per chiedergli un’intervista: queste preziose chiacchierate, circa 50 ore conversazione nell’estate del 1962, sono raccolte nel libro Il cinema secondo Hitchcock, un caposaldo della letteratura sulla Settima Arte. Viene pubblicato in Francia nel 1966 dalle Éditions Robert Laffont. La prima edizione è composta da 15 capitoli scritti sotto forma di forma di dialogo fra l'intervistatore François Truffaut e l'intervistato Alfred Hitchcock. Dopo la morte di Hitchcock, il 29 aprile 1980, Truffaut scrive una nuova prefazione e aggiunge un capitolo finale dedicato agli ultimi film di Hitchcock: questa nuova edizione esce nel 1984.
Ma tra i tanti film di Hitchcock che la critica non aveva capito, come mai Truffaut non trovava tollerabile che proprio La finestra sul cortile restasse incompreso? Perchè, lo ha detto lui, La finestra sul cortile è un film sul cinema.
In una delle interviste che Alfred Hitchock rilascia a François Truffaut, c’è anche quella in cui gli parla di La finestra sul cortile. Hitchcock dice a Truffaut: «La signorina Lejeune del London Observer ha scritto che "La finestra sul cortile è un film orribile, perchè c’era un tipo che guardava costantemente dalla finestra". Penso che non avrebbe dovuto scrivere che era orribile. Sì, l’uomo era un voyer, ma non siamo tutti dei voyer».
Il semiologo francese Christian Metz, nel suo saggio Cinema e psicanalisi, divide gli spettatori cinematografici in due tipi: il sognatore - immobile e rilassato, abbandonato al buio della sala - e il voyeur, per il quale il cinema è un’occasione di “spiare” la storia di qualcun altro. Questo secondo spettatore è il più coinvolto dall’azione cinematografica, il più empatico e partecipe. Del resto la condizione del guardare è forse ciò che accomuna chi ama i cinema, per non parlare di chi poi decide di farlo. Nell’intervista a Truffaut, Hitchock ammette «Durante le riunioni di famiglia stavo seduto nel mio angolino senza dire niente; guardavo, osservavo molto. Sono sempre stato così e continuo a esserlo ancora adesso».
La finestra sul cortile è la storia del guardone per eccellenza. Jeff (interpretato da James Stewart) è un fotografo, immobilizzato a casa su una poltrona a causa di una gamba ingessata. Con lui vive la sua governante, la signora Stella. Mentre a volte lo viene a trovare la sua fidanzata, Lisa (Grace Kelly).
Jeff, per passare il tempo, guarda dalla sua finestra dentro agli appartamenti dei suoi vicini di casa, tutti affacciati su un medesimo cortile. In queste case accadono molte cose, alcune buffe, altre sexy, altre ancora noiose.
Le più interessanti sono quelle inquietanti che accadono in un appartamento in particolare: e da questi avvenimenti Jeff finisce per essere ossessionato. Al sicuro della propria casa, in poltrona, col suo teleobiettivo, ben distante dai fatti che succedono al di là del cortile, Jeff può quindi godersi lo spettacolo.
Le molte scene che si aprono agli occhi di Jeff altro non sono che tanti piccoli film. Persino il formato rettangolare delle finestre sulla facciata del palazzo di fronte casa di Jeff, ricorda l’inquadratura. Nel caso, ad esempio, dell’appartamento di Thorwald, osservato tramite tre finestre, si può anche parlare persino dell'evocazione di uno split screen, tecnica con la quale lo schermo cinematografico o anche televisivo viene letteralmente diviso in più finestre per permettere allo spettatore di vedere diverse scene contemporaneamente. Non si può quindi negare che La finestra sul cortile sia un film intessuto, in ogni scena, di valenze metacinematografiche.
In un gioco di schermi e di finestre lo spettatore del film non può che identificarsi con il protagonista Jeff, a sua volta spettatore di più film. Il desiderio di Jeff di volere intervenire nelle storie di cui è spettatore, la sua partecipazione assoluta a quello che accade lo caratterizzano non solo come un guardone: come teorizzato da Christian Metz, lui è il tipico guardone cinematografico. E il piacere è aumentato dal fatto che lui vede gli altri, ma gli altri non lo vedono. Infatti quand’è che il film inizia a essere un vero e proprio thriller hitchcockiano? Quando l’assassino ricambia lo sguardo e si accorge di essere osservato. Da qui, il piacere del guardare si trasforma nella paura di essere stato scoperto.
La finestra sul cortile è il film protagonista del quinto episodio di Le Parti Noiose Tagliate, il podcast di Silenzioinsala.com che racconta storie di cinema. Per ascoltarlo clicca qui sotto, oppure cerca LPNT sulle principali piattaforme (incluso Spotify).
Nella chiacchierata con Truffaut, Hitchcock descrive così La finestra sul cortile: «Abbiamo l’uomo immobile che guarda fuori. È una parte del film. La seconda parte mostra ciò che vede. La terza è la sua reazione. Questa successione rappresenta quella che conosciamo come la più pura espressione dell’idea cinematografica».
Da grande amante del cinema, lui stesso in prima persona, Hitchcock mette in scena il piacere e il tormento di uno spettatore: il turbine di emozioni che si provano quando si assiste a un film che coinvolge particolarmente.
Ecco allora che è facile capire quello che intendevano Eric Romher e Claude Chabrol quando, nel loro saggio del 1957, scrivevano che Hitchcock è uno dei pochissimi cineasti nelle cui opere «la forma non abbellisce il contenuto, lo crea». Sono pochissimi, infatti, i film in cui forma e contenuto sono perfettamente allineati in un unico solo racconto metacinematografico. Come succede in La finestra sul cortile.
Genere: commedia, thriller
Titolo originale: Rear Window
Paese/Anno: USA,1954
Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: John Michael Hayes
Fotografia: Robert Burks
Montaggio: George Tomasini
Interpreti: Frank Cady, Georgine Darcy, Grace Kelly, Havis Davenport, Irene Winston, James Stewart, Jesslyn Fax, Judith Evelyn, Rand Harper, Raymond Burr, Ross Bagdasarian, Sara Berner, Thelma Ritter, Wendell Corey
Colonna sonora: Franz Waxman
Produzione: Patron Inc.
Durata: 112'
Le parti noiose tagliate è un podcast di Silenzioinsala.com che racconta storie di cinema. Diceva Alfred Hitchcock: «Drama is life with the dull bits cut out», il cinema è la vita, con le parti noiose tagliate. Raccontiamo il cinema attraverso le storie che lo compongono. Per ascoltarlo clicca qui.