La Palma d’Oro più criticata della storia: quella andata nel 2021 a Julia Ducournau per il suo Titane. Ma qui siamo solo felici che abbia vinto lei il premio più importante del Festival di Cannes. Ducournau non solo è la prima regista ad aggiudicarsi la Palma d'Oro (l'unica altra autrice premiata era stata Jane Campion nel 1993, riconoscimento che aveva dovuto dividere con Chen Kaige) ma ha pure vinto con quello che è un body horror a tutti gli effetti.
Il corpo e la carne sono parti essenziali della poetica di Ducournau: del resto il suo film precedente, Raw, del 2016, parlava di cannibalismo. In Titane è la volta di un corpo che diviene ibrido, senza più distinzione di genere e sesso, abbattendo i confini tra biologia e meccanica. Una nuova tipologia di umano che nasce fra le nostre braccia.
Titane è un film di liquidi e secrezioni, non sono solo umane, dove il rosso del sangue si mischia al nero dell’olio del motore.
Ducournau comprende e fa sua la lezione di David Cronenberg, che nel suo Crash è stato uno dei primi a mettere insieme il feticismo per i motori e le cicatrici. Certa è anche l’influenza di Gaspar Noè e di un certo tipo di cinema estremo dove la musica è sempre troppo alta, i neon sparati e qualsiasi fotogramma eccessivo, quasi insopportabile.
Questo, per lo meno, è ciò che si vede nella prima parte di Titane. Sì, perché il secondo tempo è tutta un'altra cosa. Proseguite nella lettura dopo aver visto il film, può darsi faremo qualche SPOILER.
Fino a metà, circa, abbiamo ballerine che fanno sesso con automobili, omicidi e serial killer. Dalla seconda parte in poi, il film cambia registro. Alexia, per sfuggire all’arresto per i molteplici omicidi attuati, decide di cambiare genere. E lo fa nel bagno pubblico di un aeroporto, tagliandosi i capelli e rompendosi il naso; bendandosi per coprire il seno e la pancia (la gravidanza è frutto del sesso con una Cadillac fiammeggiante. Del resto, come non resisterle?). Il corpo gender fluid è al centro della scena e Agathe Rousselle perfetta per la parte da protagonista.
In qualche modo Titane è anche un film sulla transizione di genere, con Alexia che va incontro al cambiamento sino a rinascere come nuova creatura nel finale.
Ma Titane è anche una fantascienza che si avvicina sempre più al nostro oggi, rendendo pressochè nulla la differenza tra macchine e esseri umani. Se ci si pensa, anche Alexia è per metà meccanica all'inizio del film, quando la sua calotta cranica è avvolta dal titanio. Una sorta di piccola Terminator.
Per questo, sin da piccola, sente questo legame con le macchine, che cerca di imitare e amare, a compensazione di tutto ciò che non trova nella propria famiglia. La madre è poco presente; il padre si vergogna delle scelte fatte dalla figlia anche se, in cuor suo, sa cosa nasconde Alexia nel bastoncino di ferro che usa per tirarsi su i capelli.
Le critiche al film di Ducournau sono state numerose: secondo alcuni è troppo esagerato e sconclusionato. Ma, ad aver voglia di leggere tra le righe, Titane è una storia completamente umana e contemporanea, nonostante la regista si affidi a horror e fantascienza per raccontarcela.
Un film di certo non perfetto, come del resto dichiarato più volte anche dalla stessa autrice, ma che è in grado di tenere il pubblico incollato alla poltrona per un'ora e mezza. Da vedere rigorosamente in sala, dimenticando telefonini e social, per lasciarsi coinvolgere dalla vicenda di Alexia e della sua (forse) redenzione.
Genere: fantascienza, horror
Paese/Anno: Belgio, Francia, 2021
Regia: Julia Ducournau
Sceneggiatura: Julia Ducournau
Fotografia: Ruben Impens
Montaggio: Jean-Christophe Bouzy
Interpreti: Agathe Rousselle, Garance Marillier, Laïs Salameh, Vincent Lindon
Colonna sonora: Jim Williams
Produzione: Arte France Cinéma, BeTV, Frakas Productions, Kazak Productions, VOO
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 108'