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Days (2019), la recensione: un film riassunto del cinema di Tsai Ming-liang

25/10/2021 18:00

Cristiano Salmaso

Recensione Film, Festival, Berlinale, Film Drammatico, Tsai Ming-liang, Film Taiwan, Lee Kang-sheng,

Days (2019), la recensione: un film riassunto del cinema di Tsai Ming-liang

Tsai Ming-liang replica Tsai Ming-liang, ed è l’unico che possa davvero farlo

Quello di Tsai Ming-liang continua ad essere un nome troppo poco conosciuto oltre la cerchia dei cinefili e, peggio ancora, sovente penalizzato da una distribuzione inadeguata. Days (Rizi), ultima pellicola di una delle firme più importanti del cinema contemporaneo, riesce comunque ad arrivare in una manciata di sale, dopo essere passato al Festival di Berlino lo scorso anno.

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A Taipei un uomo trascorre le giornate senza far nulla se non cercare un sollievo alle proprie sofferenze. Nel frattempo a Bangkok un giovane sembra vivere nella stessa apatica solitudine.

I due si incrociano tra una bizzarra seduta di agopuntura, un pasto consumato insieme ed un massaggio che termina con un rapporto sessuale, ma è già il momento di tornare ciascuno alla propria esistenza.

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Nessuno può essere più solo di un personaggio in un film di Tsai Ming-liang, soprattutto quando ne incontra un altro. Sono infatti due i protagonisti di questo Days, che affianca un volto nuovo a quello del solito Lee Kan Shengh, il Jean-Pierre Léaud d’Oriente che ha dato la vita per il cinema del regista malese.

 

Ritrovarlo realmente invecchiato e sofferente, con la camera che sembra quasi seguirlo con pudore, è un punto in più a favore di un film che sembra mettere in fila i capolavori che l’hanno preceduto: l’uomo con il torcicollo ne Il fiume, gli orologi feticci di Che ora è laggiù (che qui diventano un carillon che suona la musica di Limelight), il finale di Vive l’Amour.

 

E più di questi I don’t want to sleep alone, fratello gemello di questo Days che non è certo il miglior Tsai Ming-liang, quanto un riassunto del suo cinema (che con Stray dogs aveva toccato l’apice).

Si ritrovano tutte le sue costanti: le sequenze lunghe e immobili (spesso una porta o una finestra come ipotetica via di fuga per lo spettatore), l’assenza di dialoghi e il ruolo chiave del sonoro (qui enfatizzato da una sequenza silente che lo interrompe), il corpo e le sue necessità (le abluzioni, il cibo, il sesso, il sonno).

 

Tsai Ming-liang replica Tsai Ming-liang, ed è l’unico che possa davvero farlo: ci aveva provato lo stesso Lee Kan Shengh, in un film che sembrava un tributo al suo pigmalione. Certo è che anche un’opera minore come questo Days, che non ha più l’energia di un tempo, resta un’esperienza trascendentale che oltrepassa i confini del solo cinema.

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Sovverte gli schemi di spazio e tempo cinematografico ai quali siamo abituati. Regala i piaceri del vero cinefilo: “sentire” il film e gli altri in sala, annoiarsi, addormentarsi, pensare ad altro. E ci costringe ancora una volta a misurare quanto valiamo come spettatori.


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Genere: drammatico

Titolo originale: Rizi

Paese, anno: Taiwan, 2019

Regia: Tsai Ming-liang

Sceneggiatura: Tsai Ming-liang

Fotografia: Chang Jhong-Yuan

Montaggio: Chang Jhong-yuan

Interpreti: Anong Houngheuangsy, Lee Kang-sheng

Produzione: Homegreen Films, Taiwan Public Television Service Foundation

Distribuzione: Double Line

Durata: 127'

Data di uscita: 14/10/2021

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