Si può scommettere su una presenza immancabile in ogni festival che si rispetti: il film sudamericano capace, allo stesso tempo, di non deludere e di non sorprendere. A questo TFF39 tocca a La chica nueva, opera in concorso che segna l’esordio della giovane Micaela Gonzalo.
Senza un lavoro né un posto dove stare, Jimena decide di partire per Rio Grande, all’estremo sud dell’Argentina, per raggiungere il fratellastro Mariano: un viaggio lungo trentasei ore da farsi nascosta nel vano bagagli del bus, perché mancano anche i soldi per il biglietto.
Una volta arrivata sull’isola, risulta subito chiaro che tra i due giovani non c’è un vero legame: il loro padre, saputo che Jimena non era figlia sua, se ne era andato portando con sé l’altro figlio ancora piccolo.
Mariano però, che sembra inizialmente il personaggio buono del racconto, prende la ragazza in casa e l’aiuta a entrare nell’impianto manufatturiero dove lui stesso lavora. Quando però la fabbrica viene occupata dagli operai, che non ci stanno a perdere il posto, Jimena si troverà al contempo coinvolta in una truffa, nella quale il fratello ha un ruolo attivo: sarà per lei il momento di fare una scelta.
La crisi economica che ha messo in ginocchio l’Argentina sembra per molti tutt’altro che superata, e ce lo ricorda anche questo racconto ricco di spunti, che però alla resa dei conti restano tali.
Tra road movie e cinema di denuncia, La chica nueva è la tipica pellicola sudamericana da festival, che contiene tutti gli ingredienti noti: il viaggio zaino in spalla, i grandi spazi da attraversare, i panorami dal finestrino, e poi l’istinto di sopravvivenza, la lotta per un impiego, la ricerca di un proprio posto nel mondo.
Introduzione canonica del personaggio, una camera che non lo molla mai, dei dialoghi asciutti, ma poi il film si concentra sulla vicenda e perde subito empatia con la protagonista.
Tra i momenti più riusciti, il picnic nel bosco dove Jimena sembra iniziare una relazione con un’amica (o qualcosa di più) del fratello; ma è solo una parentesi, subito richiusa, in una sceneggiatura troppo convenzionale, che non riesce a tirare lo spettatore dentro la storia.
Certo non aiuta la concitata parte finale, con momenti di recitazione eccessiva e poco convincente: dei protagonisti meno anonimi e questo di Micaela Gonzalo sarebbe stato qualcosa più di un film discreto ma già visto e prevedibile fin dal titolo. Dura solo 78 minuti, e il rischio è di dimenticarlo altrettanto in fretta.
Genere: drammatico
Paese, anno: Argentina, 2021
Regia: Micaela Gonzalo
Sceneggiatura: Micaela Gonzalo
Intepreti: Mora Arenillas, Rafael Federman
Durata: 78'