Il film presentato al TFF39 da Bruno Bigoni e Francesca Lolli, Tre donne, di Sylvia Plath é un poema a tre vite concepito come radiogramma. Fu trasmesso per la prima volta nel 1992, definito l’opera più rappresentativa di Plath. Le tre voci in campo e fuori campo raccontano punti di vista diversi dell’essere donna, madre e figlia. Si racconta e, a volte, si sussurra, il dolore interno ed esterno a corpi che si muovono all’interno di un sistema che non li accoglie e, la maggior parte delle volte, non li capisce.
Si tratta di poesia in immagini: la fotografia è penetrante e vivida e la musica incalzante dá ritmo a parole e silenzi.
Non si urla ma si cercano attenzioni, orecchie pronte e cuori aperti: in questo senso le tre donne protagoniste (Giulia Battisti, Chiara Buono, Alice Spito) non si rivolgono a nessuno di specifico ma a un’intera umanità . Tutto questo é raccontato dalle voci narranti di Joy Harris e Jessica Forrest che vengono accompagnate e sovrastate dalle musiche di Beethoven e Verdi.
Un poema così lontano nel tempo (quello di Plath, scritto nel 1962) ma così attuale per tematiche e sensazioni vissute e, a volte, non spiegate.
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Un film che raccoglie le voci di tre donne ma, per estensione, quelle di tutte: questa idea si realizza anche attraverso la lingua utilizzata - a tratti italiano, a tratti inglese - che trasmette quel senso di globalità in cui l'intero universo si allea con le tre donne protagoniste. Donne che si definiscono «montagne tra donne montuose», che cercano di ritrovarsi dentro routine e consuetudini decise per loro da cultura e società . Donne che sembrano a tratti rotte e a tratti incollate in tutti quei pezzetti che cercano di non perdere per strada: le vediamo sofferenti, ma desiderose di non farsi sgretolare mai.Â
Tre donne, di Sylvia Plath parla di legami ma anche della difficoltà che deriva dal viverli e dal crearli: «è così bello non avere legami, sono solitaria come l’erba», dice una di loro; in effetti le immagini le vedono quasi sempre sole, gli uomini sono comparse sfocate e mai realmente presenti.
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Questa precarietà dei legami è chiaramente visibile e si percepisce anche nelle scelte stilistiche e scenografiche. Non c’è un vero legame tra loro e anche il film ci fa prendere le distanze da un filo logico; non possiamo parlare di una vera e propria trama o di una narrazione lineare o antologica: si tratta piuttosto di uno scenario poetico e quasi onirico, a tratti incomprensibile e disorientante.
Un film che rende partecipi ma allontana lo spettatore da una spiegazione della realtà e della condizione della donna alla quale siamo abituati: tutto questo crea un vortice di sensazioni contrastanti e inedite che ci rende vicini a una umanità , quella femminile, ma non solo. Nel chiedere indipendenza, in realtà , le protagoniste cercano collaborazione, comprensione ed empatia. C’è del primordiale nelle tappe della vita che il film racconta, nel nascere e nell'esistere, che ci ricorda che alcune cose accomunano le donne di tutte le epoche.
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Così anche la parola scritta supererà la prova del tempo. E per questo risulteranno sempre attuali, e più vitali che mai, le parole di una delle protagoniste: «mi sto rompendo in due come il mondo».
Genere: drammatico
Paese, anno: Italia, 2021
Regia: Francesca Lolli, Bruno Bigoni
Sceneggiatura: Francesca Lolli, Bruno Bigoni
Soggetto: dal poema di Sylvia Plath
Interpreti: Giulia Battisti, Chiara Buono, Davide Sangiovanni, Alice Spito, Adriano Baiocco, Francesca Sebastiani
Produzione: Electric Film
Distribuzione: Medusa
Durata: 54'