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Al Future Film Festival, il making of di Strappare lungo i bordi: intervista a Giorgio Scorza e Davide Rosio d

11/12/2021 10:00

Marco Filipazzi

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Al Future Film Festival, il making of di Strappare lungo i bordi: intervista a Giorgio Scorza e Davide Rosio di Movimenti Production

Intervista a Giorgio Scorza e Davide Rosio di Movimenti Production, lo studio che ha animato e prodotto la serie Strappare lungo i bordi di Zerocalcare

La nostra intervista a Giorgio Scorza e Davide Rosio di Movimenti Production, lo studio che ha animato e prodotto la serie Strappare lungo i bordi di Zerocalcare

Dall'8 al 12 dicembre a Bologna c'è il Future Film Festival,  festival internazionale del cinema di animazione nato più di vent'anni fa con l'intenzione di fare conoscere al pubblico (e di discutere tra addetti ai lavori) questo genere, ancora troppo spesso considerato unicamente "per bambini". E sì che, proprio quest'anno, in Italia abbiamo avuto un esempio di serie tv di animazione da applausi: Strappare lungo i bordi, scritta, diretta e disegnata dal fumettista romano Zerocalcare per Netflix Italia.

 

Al Future Film Festival 2021, il 10 dicembre,  si è tenuta la presentazione in anteprima italiana del making of di Strappare lungo i bordi: noi abbiamo avuto la fortuna di scambiare due chiacchiere con Giorgio Scorza e Davide Rosio di Movimenti Production, che ha animato e prodotto (con Bao Publishing) la serie.

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Intanto volevo sapere da voi: come è nata l'idea di sviluppare una serie per Netflix? Una serie che, a mio parere, a oggi è anche la miglior serie italiana di Netflix.

 

GS: Ok, l’hai detto tu, non noi! L'idea è nata a incastro. Noi avevamo alcuni progetti e uno in particolare era una serie d’animazione per adulti che avevamo proposto a Netflix. Nel frattempo Michele (Rech, ossia Zerocalcare nda), che aveva studiato animazione presso i nostri studi di Firenze attraverso un amico comune, è stato approcciato da Netflix Italia e ha portato avanti l'idea di Strappare lungo i bordi.


Michele ci conosceva e gli era già stato proposto il nostro studio, ma al tempo stesso c'è stato qualche momento un po’ comico in cui ci hanno detto: «Non possiamo dire nulla, ma c’è un progetto di un autore italiano, però stanno ancora definendo e non possiamo parlarne». Al che siamo stati noi a dire: «Guardate che è Zerocalcare, lo conosciamo e conosciamo tutto il progetto».


All’inizio Michele era preoccupato dall'idea di una struttura rigorosa e professionale e si era fatto un po’ l'illusione di fare One Man Band. In realtà poi si è reso conto che era insostenibile e la fortuna ha voluto che ci siamo intercettati subito a livello di gusto e idee.

DR: All'inizio fu divertente perché lui non sapeva bene come doveva approcciare lo studio e quindi è arrivato dicendo: «Fate di me quello che volete! Ditemi voi quello che devo fare. Se devo fare tutti i disegni, se devo fare scenografie, se devo fare solo i personaggi». Ma noi lo abbiamo rassicurato dicendogli che era lui il regista e allora ha cominciato a capire su quali parti voleva concentrarsi di più lui e quali poteva affidare ad altri.

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Per quanto riguarda la storia, invece, quanto c'è di Zerocalcare e quanto invece avete apportato voi come studio e supporto. Perchè, quando ho visto la serie, ho pensato che è 100% Zerocalcare!

 

DR: Il nostro lavoro è metterci al servizio degli autori e dei registi. Noi ci siamo allineati alla sua visione, che comunque era già abbastanza chiara quando è arrivato; perché, come dici giustamente tu, è un'emanazione del Zerocalcare pensiero. Noi ci siamo divertiti a proporre delle soluzioni grafiche o registiche dove lui per primo ci ha chiesto di dare un contributo. C'erano delle scene che lui aveva in testa e che io ho arrangiato per renderle più cinematografiche.


Michele era molto preoccupato sui tempi perché arrivava da tutto un altro mondo; la serie è il continuo del suo percorso nato sul fumetto e andato avanti con le esperienze web (Rebibbia Quarantine). Lui ha scritto le sceneggiature che erano soprattutto dialoghi e idee che registrava di getto: su quella base noi abbiamo costruito. A volte ci metteva molte idee già nei suoi sketch, altre volte lasciava totalmente carta bianca.

GS: Abbiamo gestito la serie come un continuum perché volevamo che si sentisse fiducioso. Poi abbiamo messo un po’ il pilota automatico quando abbiamo capito le soluzioni e lui ha imparato a fidarsi di noi. Arrivava da esperienze in cui non era abituato a lavorare in squadra né ad avere sotto controllo così tante cose. Insomma a un certo punto è diventato un lavoro collettivo: una piccola squadra che lavorava quotidianamente sentendosi un giorno sì/un giorno no e vedendosi ogni due settimane. Questo perché non potevamo stare nello stesso studio, altrimenti avevamo preventivato di avere una stanza per noi e Michele e di dove gestire una squadra di quasi 200 persone.

 

DR: Credo che lui avesse già comprato un sacco a pelo per mettersi a dormire sul divano dello studio!

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Domanda stupida: perchè proprio una serie? Da spettatore ho percepito Strappare lungo i bordi come una specie di film di due ore. 
 

GS: Innanzitutto c'è un tema di posizionamento da parte di Netflix, che ha molto a cuore questo tipo di format. Poi c’è una sorta di deformazione mentale che abbiamo noi rispetto alla serie d’animazione: vengono percepite come qualcosa dove gli episodi sono autoconclusivi e l’evoluzione della storia è molto lenta; mentre le serie live action hanno una storia unica che procede episodio dopo episodio. E poi c'è anche un aspetto di controllo: perché un conto è se tu hai un tiro che sta in piedi in 20 minuti, un altro è avere una storia che si sviluppa su tre piani temporali; giocarla come un film sarebbe stato molto più raffinato a livello di editing e avrebbe comportato una riflessione molto più profonda che probabilmente non saremmo stati ancora pronti ad affrontare.


A noi fa piacere quando dicono che l'universo di Zerocalcare fuori dal fumetto è un'emanazione del fumetto stesso, ma da un punto di vista tecnico è totalmente un altro progetto. Quindi è stato strutturato da zero, partendo dalle fondamenta, aggiungendo la complicazione che Michele doveva stare nella sua comfort zone. Affrontando il progetto come una serie potevamo concentrarci su blocchi da 20 minuti dentro i quali potevamo anche convincerlo (e convincere la piattaforma) a certe scelte di ritmo. Il ritmo è stato un argomento di discussione molto acceso perché noi non volevamo rinunciare a quella urgenza di Michele. Eravamo molto convinti che si potesse rendere un prodotto comprensibile, ma era obiettivamente un rischio e giustamente chi era dall'altra parte era preoccupato di finire contro un palazzo.

 

DR: Poi credo che se tu vedi la serie nel suo insieme vedi anche il cambiamento di linguaggio di Michele stesso dall'inizio, che è molto più simile a quello che fa sul web: alla fine diventa una storia con molti più respiri. E per rispondere "in modo stupido" alla tua "domanda stupida": perché volevamo 6 volte il nostro nome nei titoli di coda. Ma poi Netflix li ha fatti togliere.

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Infatti la serie parte a bomba, ti spara 12.000 concetti in un secondo e poi tutto rallenta: le ultime due puntate... giuro che non ho ancora parlato con qualcuno che non abbia pianto. Anche in base a quello che avete detto voi, la cosa che mi ha ricordato di più è Bojack Horseman con quell’equilibrio di drammatico, comico e surreale. Avete preso ispirazione da questa serie per trovare il giusto tono e ritmo?
 

GS: Onestamente no. Anche se Bojack era un riferimento internazionale come prodotto d’animazione decisamente adulto, raccontiamo una storia completamente diversa. Bojack è un personaggio negativo e passivo che reagisce, mentre Zero è un personaggio iperattivo ma bloccato dal suo over thinking. L'unico parallelismo che ci vedo è che entrambe le serie hanno un protagonista centrale, che ha questo dialogo con se stesso. Michele però fa di più: è un narratore che ti racconta e ti porta per mano dentro la sua storia.

 

DR: È anche vero che Zerocalcare tocca più le corde di tutti quelli che lo guardano, perché tutti ci trovano qualcosa della loro vita, dei propri pensieri e del proprio vissuto.

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Per me Zerocalcare è molto generazionale: trova sempre qualcosa da dirti che tu senti vicino e fa parte del tuo vissuto.

 

DR: Anche io lo pensavo, invece sai che il pubblico è abbastanza vario? Dai tredicenni fino a un target anche molto adulto. Quindi, alla fine, è meno generazionale di quanto si possa pensare.


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FUTURE FILM FESTIVAL 2021
1-2 dicembre: MODENA – Laboratorio Aperto 
8-12 dicembre: BOLOGNA – DumBo, Cineteca, DMS, Das


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