Al cinema da settembre, Nido di vipere, primo lungometraggio di Kim Yong-Hoon, è un esordio che non lascia dubbi sulla promessa di un giovane talento già ricco di mestiere e background letterario.
Nido di vipere, titolo italiano, rende a malapena ciò che Keisuke Sone - autore del romanzo, da cui il novello regista trae la sua sceneggiatura - vuole significare: Waranimosugaru Kemonotachi vuol dire, letteralmente, "Bestie che si aggrappano (aggrappate) alla paglia".
Infatti, otto sono i protagonisti che si alternano in vicende dallo sfondo noir, o comico, o drammatico tanto da somigliare a piccole bestioline in cerca di cibo nella paglia secca.
Il cibo da afferrare, catturare e poi cercare di tenere è in una borsa Louis Vuitton, il cui primissimo piano nella carrellata iniziale fa presagire lo sviluppo di una storia thriller. Per questo, la prima cosa da notare a proposito di questo esordio è uno script vincente e curato con meticolosa linearità e precisione come si trattasse di un tiro a piattello. E ogni colpo di Kim Yong-Hoon è un centro perfetto.
L’abilità del neoregista si fissa nella memoria dello spettatore con riprese strette, primi o primissimi piani dei singoli protagonisti, degli oggetti, delle parti dei loro corpi, per sottolineare la priorità assoluta che quella Louis Vuitton, carica di soldi, rappresenta per ciascuno di loro: ripagare i propri debiti per proseguire una vita dignitosa.
I temi affrontati da Nido di vipere, sono infatti quegli stessi che la cinematografia sudcoreana ci ha insegnato a leggere: la famiglia come nido nel quale si consuma la violenza più audace e sfrontata; la prostituzione femminile dilagante come escamotage per un veloce guadagno; la perfidia calcolatrice delle donne capace di escogitare i peggiori massacri; gli uomini della la legge sempre inconcludenti, nella veste di poliziotti che non raggiungono mai il bersaglio; i vecchi come memoria storica delle atrocità vissute, subite, nella Corea in guerra e infine la semplicità del caso, karma o destino, che risolve l’enigma di tutta una vita.
Senza scomodare Parasite di Bong Joon-ho, del quale già molti elementi citati sono evidentemente riconoscibili, basti pensare all’intreccio delle vite dei protagonisti e a come ognuno di loro cerca di sciogliere la matassa di intrighi, possiamo leggere, a partire dalla scrittura del film di Kim Young-Hoon, riferimenti espliciti al capolavoro di Quentin Tarantino, citato dallo stesso regista, Pulp Fiction oppure a Fargo dei fratelli Coen, per la prassi della ricerca del “bottino”.
La struttura a capitoli, la concatenazione dell’uno nell’altro, lo svolgersi del primo nell’ultimo, in un’alternanza di flashback e flash-forward consegnano allo spettatore una storia appassionante e divertente.
Invece, il numero così elevato di protagonisti legati dallo stesso unico scopo, cioè impossessarsi della Louis Vuitton e goderne il contenuto, richiama la serie tv tanto acclamata nell’ultimo anno, Squid Game di Hwang Dong-hyuk. Perché come per la serie, Nido di Vipere manca di uno degli elementi che travolgono il cinema sudcoreano: la vendetta. La trucidità di cui si colora il film di Kim Yong-Hoon, il disgusto provocato dalla possibilità di essere gustati dal peggiore dei mercenari come il miglior sushi, la programmatica vivisezione dei corpi operata dallo Squalo predatore, nella veste di una femme fatale, non hanno a che fare con nessun desiderio che somigli alla vendetta piuttosto al solo obiettivo di appropriarsi della cifra da capogiri delle mazzette di cash contenute nella Louis Vuitton, al pari, perciò, della sfera brillante di Squid Game che si riempiva di banconote in corrispondenza dei giocatori eliminati.
Nido di vipere è un perfetto connubio tra commedia e noir e ciascun attore regge il gioco delle parti nel migliore dei modi a partire da Youn Yuh-jung (Oscar per Migliore Non Protagonista in Minari), che anche in Nido di vipere è la voce della memoria della guerra subita dalla Corea; Yung Woo-sung, giovane attore in voga, star delle più popolari serie tv coreane; Jin Kyeong che nel ruolo della femme fatale, lo Squalo predatore anche tatuato sulla gamba al modo di uno stemma nobiliare; il pacato e onesto inserviente, Bae Seong-woo, protagonista premiato in molti film coreani. Insomma, un cast la cui competenza e bravura ha reso l’esordio di Kim Yong-Hoon, Nido di vipere, un possibile nuovo successo del cinema sudcoreano.
Genere: giallo, drammatico, thriller
Paese, anno: Corea del Sud, 2020
Regia: Yong-hoon Kim
Sceneggiatura: Yong-hoon Kim
Fotografia: Tae-sung Kim
Montaggio: Meeyeon Han
Intepreti: Do-yeon Jeon, Jung Woo-sung, Bae Sung-Woo, Yuh-jung Youn, Shin Hyeon-bin, Jeong Man-sik, Jin Kyung, Ga-ram Jung, Jun-han Kim (II)
Musiche: Nene Kang
Produzione: Megabox Plus M
Distribuzione: Officine UBU
Durata: 108'
Data di uscita: 15 settembre 2022