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Pinocchio (2022) di Guillermo del Toro: la recensione della colonna sonora senza identità

12/12/2022 14:44

Chiara Maria D'Angelo

Cinema e Musica, Film Musicale, Film Fantasy, Film Animazione, Pinocchio, Guillermo del Toro, Film USA, Alexander Desplat,

Pinocchio (2022) di Guillermo del Toro: la recensione della colonna sonora senza identità

Un'analisi della colonna sonora del Pinocchio di Guillermo del Toro e delle storiche composizioni musicali, da Comencini a Marianelli.

Impresa titanica avventurarsi in un nuovo adattamento di Pinocchio e, ancora di più, confrontarsi con i compositori che hanno prestato la loro musica alle avventure del burattino di Collodi: un'analisi della colonna sonora del Pinocchio di Guillermo del Toro, su Netflix.

Tutto ha inizio con la morte di Carlo, ovvero con la morte di Pinocchio di Carlo Collodi, espediente narrativo che apre il sipario al burattino senza fili di Guillermo del Toro. Il nuovo ciocco di pino parlante non si discosta molto dal suo predecessore firmato Disney: anche lui, vinto dalla curiosità, è il manifesto dell’anarchia (o meglio, dell’antifascismo) dove le regole sono le catene dell’identità.

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Non a caso, il viaggio che intraprende l’aspirante “bambino vero” è di scoperta del sé e di accettazione da parte del babbo Geppetto che, in un costante stato di lutto, proietta il figlio perduto nella sua creazione. La ricerca del proprio io, il diritto di essere, la sua affermazione e accettazione rappresentano non solo la storia di Pinocchio ma la battaglia che sta investendo il nostro secolo su molti fronti (sessuale, formativo, lavorativo, sociale).

 

Di conseguenza molte letture dark che vedono quest’ultima opera di animazione di del Toro come un racconto che parla di morte sono una forzatura, legata alla poetica del regista: al contrario, questo nuovo Pinocchio è una celebrazione della vita, della volontà d’essere e della condivisione.

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Ad avvalorare questo pensiero la scelta dei conigli come guardiani dell’Oltretomba e delle anime: questi animali, già dai primi popoli della Mesopotamia, erano infatti considerati simbolo di rinascita e di fertilità. In aggiunta c'è il nuovo significato, spoglio del velo nero e dei vizi, affidato alla Chimera greca, la morte “educatrice”: questa, durante lo scivolare dei granelli di sabbia nella clessidra, spiega a Pinocchio l’immortalità come una discrepanza temporale che allontana le persone che amiamo e, tramite la riflessione, rende il burattino artefice del proprio destino. 

 

Insomma, è evidente a chi ha visto il film su Netflix come, nel corso della storia, venga sempre meno il carattere dark, topos della poetica di del Toro. E questo accade anche per la colonna sonora.

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Pinocchio di Guillermo del Toro: il rapporto con la colonna sonora del film Disney

Impresa titanica quella di riprendere un colosso della narrativa educativa come Le Avventure di Pinocchio. Storie di un burattino di Carlo Collodi ma, forse, lo è ancor di più confrontarsi con compositori quali Leigh Harline e Paul J. Smiths che, dagli anni’ 40 fino a oggi, hanno impresso nella nostra memoria uditiva l’immagine disneyana del burattino («Fili avevo ed or non più, eppur non cado giù. Viva la libertà», testo italiano di I’ve got no strings).

 

Pinocchio, durante la sua esibizione per lo spettacolo di Mangiafuoco, nel film d’animazione Disney del 1940, intona Mai più mi legherai (titolo originale I’ve got no strings) costruita nella tonalità di Sol Maggiore e modula nella corrispettiva minore (mi minore) proprio nel momento in cui esalta la felicità di essere libero.

Un contrasto sottile ma estremamente forte che preannuncia il costo di quella che Pinocchio, ingenuamente, aveva considerato libertà rispetto all’andare a scuola.

 

La tecnica compositiva, per contrasto rispetto al testo, funzionale alla preparazione di ciò che avverrà, ha rafforzato la sequenza fino a renderla una cosiddetta “scena chiave”. Proprio per sottolineare la potenza didascalica ed evocativa della musica, la Disney ha confermato per le “scene chiave” del remake in live action di Pinocchio, girato da Robert Zemeckis nel 2022, la colonna sonora del cartone animato (perché seppur arrangiata, è una sicurezza drammaturgica indispensabile) e lasciato le voci dei nuovi personaggi al compositore Alan Silvestri che ha spezzato la catena dei ricordi e si è agganciato al nuovo stile disneyano.

Nel film di Guillermo del Toro la colonna sonora di Alexandre Desplat, “mantello che veste in musical” il montaggio in stop-motion, è invece scialba e di poca potenza drammaturgica. Le musiche sono semplici canzonette per bambini, la cui banalità priva le scene della concentrazione. L’armonia basica richiama sempre stati d’animo positivi, affievolendo ancor di  più la sfera dark.

 

Prendiamo in esame la canzone che Pinocchio canta per il Duce: il testo di propaganda fascista poteva essere sfruttato per creare un contrasto melodico o preannunciare il trasferimento di Pinocchio nei “Campi DUX”, generando nello spettatore sensazioni di turbamento o richiamando un’atmosfera cupa, di tristezza storica. Purtroppo, così non è stato.

Pinocchio: del Toro e Comencini

Facciamo un altro piccolo salto nel passato: siamo nel 1972 quando sul Programma Nazionale trasmettono per la prima volta lo sceneggiato televisivo Le avventure di Pinocchio del regista Luigi Comencini (un capolavoro), la cui colonna sonora, composta da Fiorenzo Carpi, è lo specchio dell’interpretazione del regista e del romanzo di Collodi.

 

La musica ha una funzione extra-diegetica, a differenza del film d’animazione di del Toro: la tecnica usata del Mickey Mousing (ovvero la musica scorre parallelamente alla narrazione e all’azione dei protagonisti) permette un incastro e una sincronizzazione perfetta tra musica e movimento di macchina. Questa strategia ha un impatto emotivo sullo spettatore più insistente. 

 

Il tema di Pinocchio o Birichinata in mi minore ha un sapore melanconico, leitmotiv della serie televisiva, introduce e richiama la figura del burattino e la sua frenetica corsa verso una libertà fatta di prigionia e di perdite.

La musica del Pinocchio di Matteo Garrone

Camminando sullo stesso binario di Carpi, ci imbattiamo nella colonna sonora di Dario Marianelli per Pinocchio di Matteo Garrone che, seppur senza gloria, funziona da accompagnamento alla narrazione filmica, adattando i vari temi e con i relativi tempi alle scene e alle azioni dei personaggi.

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Insomma, lavoro minuzioso di analisi del romanzo e della sceneggiatura che ritroviamo nelle partiture di Harline e Smiths, Carpi e Marianelli sembra essere un’evidente mancanza nelle musiche di Desplat che ha reso gli interventi musicali non idonei al grande schermo e troppo piccoli per essere indossati dal famoso burattino.

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E se è vero che il compositore deve diventare un tutt’uno con il regista per conferire al film una poetica uniforme, Alexandre Desplat ha invece rivolto le sue filastrocche musicalmente spensierate a un pubblico infantile e, di conseguenza, ha spogliato quest’ultima trasposizione cinematografica dell’identità poetica Guillermo del Toro. Che peccato.

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