Alice Rohrwacher gira un corto tra innocenza e fantasia, prodotto da Alfonso Cuaròn. Candidato agli Oscar 2023.
L’unica rappresentanza italiana che vedemo agli Oscar 2023 è una piccola perla di 38 minuti, girata in pellicola Super 16 e 35mm da Alice Rohrwacher, che è anche una delle pochissime registe rimaste in gara.
Il cortometraggio, prodotto da Alfonso Cuaròn e dalla Disney (sulla cui piattaforma Disney+ è già disponibile dal 16 dicembre), è entrato nella cinquina, dopo essere stato in premiere mondiale allo scorso Festival di Cannes: qui Rohrwacher, peraltro, era stata già premiata nel 2014 con il Grand Prix du Jury per Le Meraviglie.
Di che cosa parla Le Pupille di Alice Rohnwacher
La storia è una fiaba di Natale amara che illumina gli ultimi della società italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, ricalcando un po’ le tinte dei classici del neorealismo.
«Maldestramente e liberamente» ispirato a una lettera di auguri della scrittrice Elsa Morante indirizzata all’amico Goffredo Fofi nel Natale del 1971, la vicenda è ambientata all’interno di un collegio di suore in cui sono costrette a trascorrere le feste le loro pupille, le orfanelle che, tra un comunicato radio di guerra e una preghiera, si calano dal cielo come angeli per ascoltare e intercedere pregando per una manciata di disperati in cambio di poveri doni.
Tra questi fedeli, una donna tragicamente innamorata (interpretata da Valeria Bruni Tedeschi) porta loro una gigantesca zuppa inglese, italica nonostante il nome, per permettere alle piccole di pregare meglio per il suo amato. Ognuna delle bambine brama una fetta di quel dolce dal colore rosso vivo che troneggia sul tavolo da pranzo il giorno di Natale, ma, di fronte alla richiesta della badessa Fioralba (Alba Rohnwacher) di rinunciarvi come fioretto, solo Serafina si oppone.
Proprio la piccola, i cui occhi riempiono l’intero schermo, era stata giudicata cattiva dalla madre badessa a causa di una musica del peccato - ascoltata clandestinamente alla radio - che navigava ossessiva nella sua mente. «Ba-ba-baciami bambina sulla bo-bo-bocca piccolina» è la canzone che interrompe le tragiche notizie dal fronte e trasforma la rigida postura delle pupille in un ballo frenetico.
Le Pupille: immaginazione e anticonformismo
La libera immaginazione della regista scardina ogni catena del pensiero per una più grande libertà. Come Rohrwacher stessa: «Quella che racconto è una strana forma di ribellione, è la ribellione della coerenza, della condivisione. Serafina è una bimba buonissima ma è coerente, le è stato detto che è cattiva e lei scardina il sistema di potere che vuole tenersi la torta per sé».
La regista affida alla sorella attrice una parte completamente diversa da quelle interpretate precedentemente, un ruolo duro, quello dell’autorità antagonista che mistifica il destino del tanto desiderato dolce, con la reale volontà di donarlo al vescovo. Un potere che nei suoi raggiri dà vita alla stessa ribellione di Serafina e, in una morale paradossale, finisce per sfamare gli stessi poveretti a cui doveva essere dedicato il fioretto.
Tenerezza, innocenza, ingordigia e fantasia si mescolano in modo indissolubile nelle pupille di ognuno dei personaggi.
Persino il cane randagio, a cui la bionda protagonista cede la sua fetta, porta questi sentimenti tatuati sul muso. Indelebili lo sono anche sui volti degli spazzacamini, nonostante la maschera di fuliggine che li ricopre: storpi, sporchi e raggirati per pochi spiccioli persino da chi incarna la fede più alta, ma comunque pieni di gioia intorno al marciapiede, improvvisato ”tavolo” per il pranzo di Natale, dove si trova la torta ormai in pezzi.
Interessante più di tutto è l’intensità del coro greco composto dalle bambine così vere, imprecise e sorridenti, che cantano le stesse parole della lettera originale. Sono loro costantemente al centro di ogni inquadratura, sia nel dormitorio che sotto i portici, surclassate solo dal coloratissimo dolce, capace di mettere in secondo piano qualsiasi prezioso costume di scena ecclesiastico.
Innocenza e fantasia ne Le Pupille di Alice Rohnwacher
L’intera filmografia della regista italiana sembra girare intorno a quello sguardo pieno di innocenza e voglia di vivere, le stesse pupille delle protagoniste che vorticano senza tregua nei titoli di coda: «Le bambine obbedienti non possono muoversi, ma le loro pupille possono ballare la danza scatenata della libertà. Forse è un momento in cui le bambine “cattive” devono avere una voce e in qualche modo questo film dà una voce a quelle bambine che vengono definite “cattive”, che poi sono tutt’altro che cattive. Se penso a quello che sta accadendo in tutto il mondo, la presenza di queste bambine è molto importante».
Quelle stesse bambine diventano così importanti da andare oltre lo schermo cinematografico e da guadagnarsi un posto al fianco della produzione per ogni successo: «Non so come ci organizzeremo per gli Oscar, ma è chiaro che la loro presenza è straordinaria, perché trasformano un momento di tensione in una gita di classe: c’è il problema delle merendine, di andare in bagno. Diventa tutto molto reale, e questo fa sempre bene».
Tra la neve e i tizzoni ardenti, tra i pochi doni dei credenti e il malocchio a chi può passare le feste con la famiglia, si cela il Natale puro ancor prima dell’arrivo del Babbo dal cappello rosso, e si cela l’Italia più vera e nuda, a cui la regista fa un tenero omaggio, proprio come Elsa Morante prima di lei.