Oscar (Will Smith), un umile lava-lingua al lavaggio Catacei locale, si trasforma in un improbabile eroe grazie ad una piccola grande bugia. Per mantenere il suo segreto, Oscar farà coppia con uno squalo vegetariano emarginato di nome Lenny (Jack Black), ed i due diventeranno incredibili amici. Quando la sua menzogna viene scoperta, saranno Angie (Renè Zellweger), fedele “amica” di Oscar, e Lenny ad aiutarlo ad affrontare lo squalo più temuto delle acque: “Don Dino” (Robert DeNiro) ed a trovare il suo posto giusto nel reef. Budget elevatissimo, doppiaggio d'eccezione, rinomato studio di animazione alle spalle: Shark Tale è un progetto di sicuro ambizioso. Abbandonato momentaneamente il simpatico orco verde, la Dreamworks punta sull’ambientazione sottomarina, scopiazzando più o meno volutamente Alla Ricerca di Nemo della rivale Pixar; lo stile è comunque differente, insolito. Riprendendo il citazionismo insito nelle opere precedenti, le vittime questa volta sono i classici Mafia-Movie: da Il Padrino a Gli Intoccabili, nessun escluso. Un autoironia che colpisce le infrastrutture delle grandi produzioni, macchiate da taglienti battute e siparietti comici tecnicamente impeccabili. Un mondo marino urbanizzato e stilizzato, simile al mondo reale ma affossato da una comicità falsatamene adulta. Si perché il giovanile character design - che riprende la fisionomia degli attori che prestano le voci ai personaggi - con cui sono sviluppati personaggi e ambientazioni, supportata da uno stile Hip-Hop fuori luogo ed eccessivamente marcato, cozza con un tema di per sé delicato e poco incline al qualunquismo filmico. Oltretutto il protagonista non si rende simpatico col suo vocabolario limitato di monosillabi (yò-yò) e contestualizzato in un mondo fittizio, altrettanto limitato e stereotipato. Superficiale, discreto navigatore dell’ironia: Shark Tale non riesce proprio a convincere neppure i meno smaliziati. Carente di reali momenti divertenti che sappiano stuzzicare l’interesso dello spettatore, nonostante una cosmesi tecnica eccellente, il film appare congelato da banalità e cliché. Un prodotto sostanzialmente succube di una politica di comodo, la quale vede nel bambino il target preferenziale per raggiunere un sicuro successo nel mercato dell'home video. Non è chiaro se divertirà questa vasta fetta di pubblico, di sicuro l'imbarazzante doppiaggio in italiano dà il definitivo colpo di grazia ad una produzione che, dalle premesse, avrebbe meritato qualcosa di più.