Chiunque si sia avvicinato a questo film, molto probabilmente ha tenuto conto del nome del regista. Perché John Waters sicuramente rifugge dal concetto di normale cineasta, ed è probabilmente il più conosciuto nel panorama, così lo si definisce, del cinema indipendente. E questo film riflette pienamente il suo spirito anarchico e chiassoso, fin troppo. Ma andiamo per ordine: la trama racconta la storia di un branco di "estremisti cinefili" - con i nomi dei loro registi marchiati a fuoco su variegate parti del corpo - che lavorano al servizio di Cecil B. DeMented (Stephen Dorff), pazzo regista indipendente. Questo sgangheratissimo gruppetto è determinato a girare un film: decidono quindi di rapire una delle star più famose di Hollywood (Melanie Griffith) e di costringerla a prendere parte al folle piano. Come già detto, il film trasuda dello stile di Waters, ed è difficile distinguere gli effettivi difetti dell'opera da quelli che sono semplicemente "aspetti" della poetica del regista, autore che mai si è preoccupato di piacere alle grandi masse. E il film è animato da una certa anarchia che, se all'inizio può risulta simpatica, ad un certo punto scade nell'autoindulgenza e comincia a diventare indigeribile: attori perennemente sopra le righe che danno la continua idea di improvvisare su una sceneggiatura inesistente, gags generalmente poco divertenti. Si potrebbe dire che A morte Hollywood! risenta della sua natura stessa, del suo voler essere diverso a tutti i costi, e in molti momenti sembra più un esperimento in corso che un film compiuto. Certo, alcune scene sono azzeccatissime (come le richieste d'aiuto di Cecil ai vari cinefili di nicchia, o le riprese di un improbabile seguito di Forrest Gump), ci sono molte strizzatine d'occhio ad un pubblico cinefilo, la colonna sonora, curata in parte da Moby; ma tutt'al più si può considerare un film con qualche momento simpatico, che nel complesso risulta però risulta poco digeribile ed eccessivo.