Melvin, scrittore di discreta fama, ma soprattutto uomo non più giovanissimo e soprattutto non dei più gradevoli: maniaco dell'igiene, cinico e crudele nei confronti del resto del genere umano. In particolare dei soggetti che gravitano intorno al suo personale universo: il vicino, un pittore fallito con tendenze omosessuali; il suo compagno di colore; la dolce cameriera del ristorante che Melvin è uso frequentare. Varie contingenze lo porteranno ad un quantomeno discutibile percorso di redenzione. Che il film non sia magnifico è cosa che appare evidente entro i primi venti minuti della visione, quando le premesse da commedia nera vengono affogate in un mare di melassa tipico delle commedie rosa più banali. Non bastasse, al fine di giustificare questa improvvisa presa di coscienza del protagonista, vengono utilizzati i trucchi più bassi possibili: la cameriera con figlio più che malato al seguito, il vicino gay che viene picchiato, derubato (perfino del cane, spiritualmente parlando) e ridotto sul lastrico. Il film è già più accettabile dal punto di vista della pura risata, dove effettivamente qualche battuta è particolarmente brillante; si poteva comunque fare di meglio, anche da questo punto di vista, e il dover ricorrere ancora una volta all'espediente del cagnolino tenero-simpatico-pasticcione arriva anche a fare tristezza. Ignorare tutto ciò e affidarsi solamente all'interpretazione degli attori e a una regia più che professionale? Impossibile perché il film, tra le altre cose, ha una durata spropositata, che va ben oltre le due ore: e non di rado vi sono cali di ritmo, sottotrame assolutamente inutili. Per non parlare poi degli attori: Greg Kinnear e Cuba Gooding Jr., che recitano la parte degli omosessuali; Jack Nicholson che pare interpretare più che altro sé stesso, con ghigni diabolici e sopracciglia sollevate a profusione. Non resta che affidarsi alla dolce e salvifica Helen Hunt, l'unica del cast che riesce a essere completamente in parte.