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Sacrificio

29/03/2008 12:00

Giacomo Ferigioni

Recensione Film,

Sacrificio

Come tutti gli altri film girati dagli anni Ottanta, anche le vicende di Sacrificatio sono ambientate fuori dall'Unione Sovietica: come Nostalghia raccontava un

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Come tutti gli altri film girati dagli anni Ottanta, anche le vicende di Sacrificatio sono ambientate fuori dall'Unione Sovietica: come Nostalghia raccontava un viaggio in Italia, qui tutta la vicenda prende piede in Svezia. Il protagonista è Alexander, un anziano scrittore, vive in una casa in riva al mare in compagnia di moglie, figlioletto e qualche domestica. Ma dopo il passaggio di un aereo supersonico e le comunicazioni di radio e televisioni che annunciano la guerra nucleare, il terrore lo dominerà fino all'autodistruzione, portandolo a compiere l'atto sacrificale descritto dal titolo.


Ultimo film del famoso e spesso incompreso regista russo, può essere considerato come compimento di un discorso che ha caratterizzato tutta la sua produzione: un'aperta critica alla società attuale, fiera di un progresso che non ha fatto altro che circondarla del superfluo, e che, soprattutto, le ha fatto perdere conoscenza del valore della spiritualità, regalando all'uomo moderno solo angosce e paure. Situazioni e animi che Andrej Tarkovskij descrive portando all'eccesso i suoi tratti stilistici più distintivi (i movimenti di macchina lentissimi, i piani sequenza, l'acqua, l'uso espressivo dei colori, le scene oniriche) e gonfiando come di consueto la vicenda - qui più lineare del solito - dei consueti simbolismi. Una vicenda che, in verità, alle volte avanza a singhiozzo: per mancanza di chiarezza o per dei dialoghi (di matrice molto letteraria) ampollosi. Più che effettivi difetti, comunque, si tratta di notazioni tecniche: che però si perdono progressivamente per la generosità e l'ispirazione dello sguardo del regista. Che trionfa nel meraviglioso finale, dove è lo stesso Tarkovskij a mostrare un'incrinatura nel suo teorema: mostrando come la costanza nello svolgere azioni, apparentemente banali e senza significato, possa portare ad un risultato. Non stupisce, quindi, che questo sguardo di speranza nei confronti del futuro porti la dedica di Tarkovskij, sorta di testamento spirituale nei confronti del figlio. Sacrificio è un film imponente e umile, intimo ma anche universale, ultimo lascito di un regista di matrice intellettuale e di difficile lettura, che ha però portato il cinema a raggiungere sfere emozionali che gran parte del cinema nemmeno può sfiorare.


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