Scegliere un film che rappresenti in pieno la poetica e il talento visionario di David Cronenberg è facile. Non perché il resto della sua filmografia non sia di altissimo livello, ma perché La Mosca ne rappresenta il capolavoro. Il regista canadese prende infatti il celebre film L’esperimento del dottor K. di Neumann e ne realizza un rifacimento straordinario, in cui ogni secondo vive e respira aria tipicamente cronenberghiana. Tutte le tematiche a lui più care sono qui presenti e portate ai massimi livelli, in un crescendo di tensione che si snoda lungo tutto il film fino all’epico indimenticabile finale. Protagonista è il geniale scienziato Seth Brundle (Jeff Goldblum nella sua miglior interpretazione), un uomo che ha dedicato la sua vita alla fisica, conseguendo grandi scoperte ma senza ancora riuscire a raggiungere il successo; finché non realizza “qualcosa che cambierà il mondo”. Inutile dire che le cose non andranno come previsto. Un normale film horror? No di certo. Cronenberg miscela sapientemente vari generi in un cocktail adrenalinico e raccapricciante, coinvolgente e disturbante. Si potrebbe parlare di una storia d’amore triste e tormentata, che le circostanze rendono impossibile, addirittura pericolosa. Oppure si potrebbe scegliere l’interpretazione polemica, si potrebbe scorgere un attacco certo non troppo velato verso la scienza e l’utilizzo spregiudicato che l’uomo fa di essa. Ironico il fatto che lo stesso Goldblum qualche anno dopo sarà lo Ian di Jurassic Park, il matematico che tanto teme l’utilizzo ingiustificato della scienza. Ma il tema fondamentale è un altro: la “carne”, o meglio l’ossessione per essa. Tematica tanto amata da Cronenberg e più volte analizzata nelle sue opere, tanto da poter essere considerata senza timor di smentita uno dei cardini irremovibili della sua poetica. La carne e la scienza, il corpo umano e il fattore estraneo, la contaminazione e la metamorfosi. Un processo inesorabile e terrificante, che Seth è costretto a vivere sulla propria pelle senza poter far nulla per evitarlo, o limitarlo, con disgusto e scientifico interesse allo stesso tempo. Gli effetti speciali sono stupefacenti, perfetti nel descrivere tutti i piccoli mutamenti di un corpo umano ormai irrimediabilmente corrotto, le struggenti musiche di Howard Shore sono indimenticabili, la fotografia è eccezionale e perfetta nel creare una sensazione “da incubo”. Incubo, appunto. Perché è di questo che si parla. Un incubo terribile da cui non c’è via di scampo, di una lenta e graduale discesa negli inferi, un processo inarrestabile a cui neppure l’amore si può opporre. Se ancora non l’avete visto, affrettatevi a rimediare.