Due sguardi osservano la realtà con un sogno simile, il medesimo forte desiderio di normalità. Romania 1989, durante gli scontri avvenuti in occasione del crollo del regime comunista di Ceausescu, Ioan (Eduard Gabia) perde il padre, ucciso dinanzi ai suoi occhi da un colpo d’arma da fuoco. Roma 2006, Ioan giunge in Italia alla chimerica ricerca di un futuro più roseo. Sullo sfondo capitolino prende vita l’amicizia tra il rumeno ed un lavoratore precario d’origine abruzzese, Michele (Luca Lionello), che lo ospita in subaffitto nella casa di proprietà di Luciana (la strepitosa Luciana Littizzetto). E’ l’incontro tra due anime legate da un aspetto comune: una vita condotta ai margini. Dirette come da un abile demiurgo, che giostra i loro destini, due realtà apparentemente distanti si avvicinano, si sfiorano, cullando desideri affini e ponendosi un obiettivo da raggiungere insieme; il progetto di aprire un locale in Romania diviene così la possibilità di afferrare, per la prima volta, la tanto agognata normalità. A rendere arduo, forse impossibile, il loro ipotetico cammino verso una felicità dalle tonalità policrome si intromettono prepotentemente le problematiche che hanno colorato di grigio la realtà italiana degli ultimi anni. Carmine Amoroso, regista e sceneggiatore, ci regala così un quadro della società contemporanea, in cui il profitto ha il potere sulle vite umane, soggiogandole, rendendole schiave di un’ideologia, che ha come unico obiettivo l’annientamento dei sentimenti e il trionfo dell’essenza materiale. Va dunque lodato il coraggio di aver toccato tasti pressoché inutilizzati nel mondo del cinema: la precarietà nel lavoro, le innumerevoli difficoltà legate all’essere straniero in un paese che non sa mettere da parte le lenti della diffidenza e dell’odio. Si genera così una melodia struggente, che cattura lo spettatore in un’opera caleidoscopica, un amabile puot pourri realizzato con petali variopinti, un mix di argomenti impegnati ed emozioni umane. I personaggi giostrano in uno scenario tipicamente neo-realista, che ci offre un tetro spaccato di quotidianità. Ad arrecare ulteriori difficoltà al già tormentato rapporto d’amicizia dei due protagonisti (aggravato dalla quasi impossibilità di trovare un impiego redditizio) si intromette la presenza di Laura (interpretata da Chiara Caselli), una reporter di fama, la quale individua in Ioan la sua nuova musa fotografica. Al momento di massimo splendore emotivo del rumeno (proiettato nel pomposo mondo della moda milanese), si contrappone la crisi di Michele, che viene privato della sua unica fonte di speranza. Anche questo capitolo di Cover Boy sarà condizionato dall’intenso contrasto delle due forze che animano il film. Da una parte le tinte fredde con cui viene dipinto il panorama lavorativo, dall’altra le essenze cromatiche forti legate al movimento passionale, che coinvolge le due anime in scena. L’opera di Amoroso (vittima nel proprio travagliato tragitto di un decurtamento di budget del 75%) assume tratti acquerellati, semplici, ma carichi di struggente poesia. In grado di rapire sguardi (sublime la fotografia di Paolo Ferraro) e commuovere dinanzi alle vicende di Ioan e Michele. “Al di là dell’argine c’è il posto più bello del mondo”. Al di là dell’argine c’è il proprio sogno.