Il cinema francese si sa, si segnala per un certo eclettismo. A differenza dei registi nostrani, ancorati e obbligati dalle circostanze ad orbitare sempre intorno ai medesimi temi, i cari cugini d’oltre alpe si cimentano ormai da diverso tempo in vari generi, spaziando abbastanza agilmente da originali commedie ad action movie dal tipico retrogusto yankee. Con Dante 01 il regista Marc Caro tenta così di abbattere l’ultima barriera, lo spazio; realizzando un film di fantascienza visionario e pervaso da un inesplicato fervore religioso, dotato di effetti speciali metafisici e intangibili e impreziosito da personaggi monocorde e monosillabici. La trama in poche parole. In una prigione spaziale ai confini del creato, una gaudente comunità di super criminali viene sconvolta dall’arrivo di un misterioso detenuto (Lamber Wilson) dotato di esoterici poteri, tra i quali spicca in particolare la strabiliante abilità di non proferire mezza parola per tutta la durata del film. Nell’immobilismo generale e tra la costernazione dello sfortunato pubblico in sala, il nostro eroe si barcamenerà tra estrazioni di metafisici “mostri-polpo” dai corpi dei propri compagni e scazzottate con l’immancabile capo branco invidioso e ottuso, per giungere infine all’incomprensibile ma liberatorio finale. È difficile capire cosa volesse realizzare il regista con questo suo film: tra continui riferimenti messianici ed elucubrazioni su nano-macchine e libero arbitrio, la pellicola ambisce ad elevarsi ad uno status quasi filosofico, ma alla prova dei fatti risulta vano lo spessore intellettuale attribuitogli e nel suo insieme risulta incomprensibile.