Mary Haines conduce una vita perfetta: ha una bellissima casa, un marito ricco che la ama, un buon lavoro part time che le lascia il tempo di dedicarsi alla famiglia e ai suoi hobbies, e tre amiche di lunga data che adora. Quando viene a conoscenza del tradimento da parte del marito, tutte le certezze di una vita iniziano a poco a poco a vacillare, la sua splendida vita d’improvviso è scossa da un terremoto, che la porterà dalla disperazione alla rinascita, al riscoprire desideri ed ambiziosi sopiti. Il film di Diane English, sceneggiatrice e produttrice della fortunata sitcom “Murphy Brown”, prodotto dalla Jagged di Mik Jagger e remake del precedente film di George Cukor del 1939, è una commedia briosa ma piuttosto superficiale. Nonostante il cast stellare, la storia presenta problematiche dell’universo femminile assai comuni e in modo poco convincente ed incisivo, inanellando un cliché dopo l’altro. Poco convincente è la calma con cui una tiratissima Meg Ryan affronta la notizia del tradimento, troppo facile come dopo qualche dolcetto e un po’ di yoga in uno stilosissimo centro wellness (in cui è da sottolineare il cameo di una biondissima Bette Midler) riesca a trovare la forza e l’audacia per ricominciare da zero (grazie anche al finanziamento della onnipresente mamma) ed arrivare ovviamente al successo (che tra l’altro si permette anche di rifiutare!). E poco convincente è anche la lite tra le due amiche del cuore, tema che a dire il vero dovrebbe persino essere il nocciolo dell’intera trama, ossia come spesso il tradimento da parte di una amica possa essere per una donna ben più amaro e doloroso di quello del proprio un uomo. Del resto agli uomini è lasciato ben poco spazio: The Women è ambientato in un mondo tutto femminile in cui gli uomini sono minuziosamente descritti, ma non compaiono mai sullo schermo, se non nel finale, più che altro come speranza per il futuro. A non persuadere sono anche le quattro protagoniste o meglio, i quattro personaggi che dovrebbero rappresentare, specchio di stereotipi femminili fin troppo abusati: la donna in carriera tutta griffes e lavoro che non ha tempo per gli affetti (Annette Bening), la mamma chioccia sfornafigli (Debra Messing), la neo eroina gay (Jada Pinkett Smith) e l’amante bellona tutta curve e poco cervello (Eva Mendes). Una fotografia troppo riduttiva e semplicistica per abbracciare quell’affascinante e complesso universo femminile con cui la regista ambisce a dialogare. Il risultato è quindi un piatto sciapo e insapore, che finisce col coprire anche gli aspetti migliori, come la comicità spontanea delle due protagoniste minori, la governante e la tata danese, che se forse avesse occhieggiato meno a capisaldi femminili quali Sex and the City e si fosse impegnato a cercare uno stile proprio più credibile e una storia più solida, sarebbe potuto essere assai più gustoso.