La storia surreale di una 14 enne che incontra in chat un trentenne. Situazione classica, nell'era delle comunicazioni telematiche. I due si danno appuntamento in un bar. Flirtano, giocano, si guardano, ammiccano. Riproposizione di una vecchia favola in versione moderna, in cui a vestire i panni del cattivo non è più il fantomatico lupo... La protagonista è Ellen Page, l'interprete di Juno, film uscito nelle sale nel 2007 che ha stregato adulti e bambini, per la recitazione memorabile della giovanissima attrice alle prese con le vicissutidini di una precoce gravidanza. Lui è Patrick Wilson, attore noto ai più per Il fantasma dell'opera del 2004. La sceneggiatura è presente solo nella prima parte del film - divisibile sinotticamente in tre parti -, scompare in quella centrale, per poi ricomparire in quella finale. L'assoluzione per il reo è simile ad una “dialettica dello spirito” hegeliana, attraverso cui il colpevole cerca di redimersi dal peccato. La catarsi tanto attesa arriva, ma a dispetto della soluzione e del perdono in extremis, lascia attonito e sbigottito lo spettatore, dinnanzi al capovolgimento della struttura proppiana della fiaba. In un mondo fatto di definizioni e classificazioni, in cui buono e cattivo, saggio e lascivo sembrano opposti inavvicinabili, si scopre come un regista, Davis Slade, seppur alle prime armi, sia comunque abile a creare l'illusione e l'inganno, il velamento e il disvelamento, come in uno dei migliori dipinti di Lucas Cranach (La ninfa della fonte) in cui embrayage e debrayage confondono, ma confortano allo stesso tempo l'osservatore curioso e attento a seguire una trama che prende forma laddove si posa il suo sguardo. Hard Candy è una pellicola di impatto, attenta ad un tema particolarmente sensibile - la pedofilia - delicato da trattare e che, in questo caso, il filmaker tende a prendere con le pinze, puntando il dito contro il colpevole ma lasciando, agli occhi dello spettatore, una plausibile speranza di innocenza. Quella lettera scarlatta pende sul capo di Jeff, rimbomba nelle tempie, punge sulla pelle, risuona alle orecchie e solo la morte demistificatrice, cancella ogni cosa... o forse no?