Una delle coppie più famose della Repubblica Ceca è formata da Jan e Zdenek Sverák, rispettivamente figlio e padre, regista l’uno, sceneggiatore e attore l’altro. Dall’unione delle loro professionalità nasce una nuova commedia romantica e delicata che si snoda nelle vie di Praga. Il film si apre con le meravigliose panoramiche della capitale ceca, e in sottofondo le note della canzone scritta da Zdenek e Jaroslav Uhlir immergono lo spettatore nell’atmosfera mitteleuropea e fantasiosa del film. Dopo Scuola elementare (1991) e Kolya (Oscar e Golden Globe nel 1996 come miglior film straniero), Vuoti a rendere chiude la trilogia che il regista ha dedicato al racconto della vita di un uomo, dalla giovinezza alla vecchiaia. Se ad interpretare il protagonista è il padre, si può immaginare come il lavoro di Jan sia un’opera personale e intensa, riconosciuta a livello internazionale. Per Josef Tkaloun (Zdenek Sverák), l’età anziana non significa la fine della vita; l’abbandono dell’insegnamento non lo porterà a scegliersi un’esistenza da pensionato. Lui si sente ancora “in gioco”, con la stessa energia e i desideri di quando era più giovane. Non importa che lavoro potrà trovare un uomo della sua età e della sua cultura, perché conserva ancora una grande curiosità verso la gente che lo circonda, così la finestrella del magazzino di bottiglie di un supermercato diventa il punto di incontro con un’umanità interessante e bizzarra. Una misteriosa barista, un ex generale taciturno, una vecchietta visionaria, lo svenevole ragazzo della pressa della carta, un’affascinante professoressa di matematica…ma alla testa di questo allegro girotondo c’è lei, Eliska (Daniela Kolárová), la compagna amata da una vita, ora vecchia prof. in pensione che dà lezioni a domicilio. I tipi qualunque che si avvicendano tra i corridoi del supermercato, si fermano un attimo a parlare con Josef mentre depositano le loro bottiglie, e diventano personaggi vivi di storie tra la realtà e il fantastico. Sono soprattutto le donne ad attirare l’attenzione del socievole protagonista: le vede camminare sinuosamente davanti a sé e gli rimangono nel cuore, come quell’Uomo che amava le donne di Truffaut, le ritrova poi nei propri sogni notturni in costumini succinti di paillettes. L’allegro avvicendarsi di queste figure anima la vita nella Praga di oggi, ma alla fine Jan Sverák ci porta fuori dalla città, nella campagna verdeggiante, per un finale sorprendente, romantico, e una dichiarazione d’amore alla vita da fare invidia ai più giovani.