Goku (Justin Chatwin) è un guerriero abilissimo. Allenato dall'anziano nonno Gohan (Randall Duk Kim), il giovane sviluppa un'eccellente capacità nelle arti marziali, divenendo col tempo sempre più forte ma allo stesso tempo più impacciato nei rapporti sociali. Proprio quando le cose sembrano iniziare a procedere per il verso giusto e Goku riesce ad ottenere la stima ed il rispetto da parte dei suoi coetanei, un'imminente minaccia incombe sulla terra: il terribile mago Piccolo (James Masters), tornato dalle viscere della terra dopo esservi stato imprigionato mille anni prima, uccide Gohan per impossessarsi di una delle sette sfere del drago, leggendarie reliquie in grado di esaudire qualunque desiderio, ed inizia l'estenuante ricerca delle altre sfere. Goku, rincasato, trova il nonno in fin di vita e promette di vendicarlo, accompagnato dalla splendida e dinamica Bulma (Emmy Rossum) e dal fortissimo, seppur insolito, maestro Muten (Chow Yun-Fat). Il film, senza troppi giri di parole, è un prodotto di bassa caratura, confuso, superficiale e a tratti involontariamente comico. Il tentativo del regista James Wong (Final destination) di trasporre su schermo un manga blasonato e popolare come Dragonball si trasforma in qualcosa che si avvicina più ad una pellicola a basso costo che ad un mainstream dagli eccellenti effetti speciali. Fermo restando che nulla è lasciato all'interpretazione dello spettatore è che ogni cosa è come appare, l'elemento forse più disturbante è la superficialità e la rapidità con cui le pseudo-psicologie dei personaggi e gli eventi cambiano. In un ora e mezza di visione accade di tutto: in lassi temporali brevissimi e nel giro di un paio di giorni i protagonisti trovano sfere come fossero sassolini, Goku diviene improvvisamente il guerriero più forte del pianeta e riesce a sconfiggere il suo lato malvagio. Film estremamente sbrigativo, tra l'altro, anche nella realizzazione tecnica, con sequenze di lotta scadenti sia sul piano visivo che su quello coreografico. Piange il cuore a vedere come attori del calibro di Chow Yun-Fat e Randall Duk Kim si siano prestati a recitare in un film del genere, che oltretutto non giova neppure all'immagine dei personaggi che interpretano, totalmente fuori luogo. Bisogna però dire che il target medio al quale un film del genere punta è tutt'altro che cinefilo ed appassionato; anzi, forse si tratta proprio di quella fascia di pubblico estremamente giovanile appassionata all'anime, che desidera solo tanta azione, in grado di percepire al meglio, data la giovane età , solo dialoghi poco impegnativi, in pieno tema adolescenziale. Questo fattore non regala certo qualità a Dragonball evolution ma, sicuramente, ne fa una pellicola dotata di un senso mediatico, in grado quantomeno di intrattenere il giovanissimo fan.