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Lezioni d'amore

24/04/2009 10:00

Daniela Silvestri

Recensione Film,

Lezioni d'amore

“Le donne belle sono invisibili, perché nessuno riesce a vedere chi si nasconde dietro all’aspetto fisico e rimaniamo talmente affascinati dall’esterno, che non

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“Le donne belle sono invisibili, perché nessuno riesce a vedere chi si nasconde dietro all’aspetto fisico e rimaniamo talmente affascinati dall’esterno, che non riusciamo mai a penetrare più a fondo”. Così recita il poeta George O’ Hearn, interpretato da Dennis Hopper, nel tentativo di mettere in guardia il suo amico, David Kepesh, dalla travolgente passione che sta per colpirlo.


Ben Kinglsey interpreta l’affascinante Professor Kepesh, un uomo carismatico e di successo, da sempre contornato da belle donne, per la maggior parte sue ex studentesse, con le quali si trascina in rapporti privi di sentimenti e di coinvolgimento, fino a quando non conosce Consuela Castillo (Penélope Cruz).


Consuela, giovane studentessa figlia di immigrati cubani, possiede quel mix di sensualità, eleganza, intelligenza e ingenuità che, a poco a poco, finisce col conquistare il professore fino a portarlo ad una vera ossessione. Troppo preso dai suoi archetipi sentimentali e da quelle paure che ciascun uomo, anche il più sicuro, porta con sé in ogni relazione sentimentale, Kepesh finisce col riversare nel suo rapporto con Consuela una serie di ansie e insicurezze personali, legati al timore di legarsi nuovamente ad una donna, ma anche alla tipica paura dell’abbandono, che per un uomo di un certo livello come lui è quanto mai inaccettabile. Nonostante l’amore che ella continua a dimostrargli, l’uomo è da una parte completamente in balia della passione e del sentimento che nutre per lei, dall’altra è incapace di viverli fino in fondo, preso dalla folle paura che Consuela possa abbandonarlo per un uomo più giovane e attraente. Kepesh cerca di mantenere il più possibile la sua superiorità con tutti gli strumenti in suo possesso: le legge libri, la porta a teatro, le suona il piano, esteta e profondo conoscitore della bellezza e del corpo femminile, del quale vede in Consuela la massima espressione, arriva a scattarle delle foto, così da cercare di fissare per sempre, nell’immortalità dello scatto, quell’essenza, quella forza esteriore che lo sta divorando.


L’essenza del film si basa su questo duplice piano, su un contrasto tra la bellezza esteriore, eclatante e conturbante, ma che appassisce presto e mostra la sua vulnerabilità, e la bellezza interiore che nasce dalla forza e dal coraggio di cambiare, di non opporsi all’inevitabile, di ricominciare. E così il vecchio professore, da insegnante di successo, si trasforma in alunno alle prime armi e torna sui banchi per imparare l’arte dell’amore, della compassione e della vulnerabilità dell’essere umano. Le vere lezioni di cui è protagonista, sono quelle che lo metteranno di fronte ad un sentimento e una passione struggenti, dai quali avrà tutto da imparare.


Dopo La mia vita senza me, in cui una giovane madre si confortava con la malattia e la morte, Isabel Coixet porta in scena il romanzo di Philip Roth L’animale morente, e torna a prediligere protagonisti che traggono forza e bellezza dal proprio coraggio e dai propri errori. Ciascun personaggio sarà coinvolto in situazioni personali e della vita, che ne scalfiranno l’anima per sempre e metteranno a dura prova le scelte e le decisioni portate avanti fino ad allora. Così come Kepesh e Consuela, anche Carolyn (Patricia Clarkson) e Kenny (Peter Sarsgaard) dovranno fare i conti con le proprie scelte e ansie ataviche, lungo il filo comune della paura che attanaglia tutti noi: la solitudine conseguente all’abbandono.


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