Come negare il fascino di un piccone rotante diretto proprio verso di te? O di una bella doppietta la cui canna punta verso il tuo naso inerme? È inutile! Non si può. E su questo apprezzabile fattore punta tutto San Valentino di sangue 3D il nuovo horror della Lionsgate diretto da Patrick Lussier. E se state pensando “ah, finalmente qualcosa di originale!”, smettete subito di pensarlo. Siamo di fronte infatti all’ennesimo remake, questa volta de Il giorno di San Valentino (1981) di George Mihalka e definito da Tarantino come il miglior slasher movie di tutti i tempi. L’originalità è tutta nell’utilizzo della nuova tecnologia 3D, prima volta in assoluto per un film di questo genere: e non c’è dubbio che il vivido respiro dei fondali, la profondità degli oggetti e il grande realismo della percezione visiva diano la netta impressione di essere “dentro” la scena. Fattore che gioca decisamente a favore della pellicola.
La storia è alquanto inconsistente: ad Harmony, una negligenza di Tom Hanniger, giovane figlio del proprietario della miniera, causa la morte di cinque minatori. Si salva solo uno di loro, Harry Warden, che si risveglia dopo un anno di coma, nel giorno di San Valentino e, con indosso la tuta da lavoro, uccide a picconate 22 persone, prima di essere freddato dalla polizia. Dieci anni dopo Tom torna in città per trovare la sua ex ragazza Sarah, ormai sposatasi con il suo migliore amico, e la catena di omicidi riprende.
La trama, come tutti gli slasher che si rispettino, è un labile sfondo che serve a legittimare l’allegra mattanza a colpi di piccone, con qualche sequenza davvero degna di nota. Qui però il labile diventa inconsistente, con alcune situazioni scontate e talvolta oltre il limite del surreale; in più aggiungiamo un cast di attori, diciamo così, “acerbo” (la sequenza dell’incontro dopo dieci anni tra Tom e Sarah è da panico, questa sì) e otteniamo un film che nonostante la notevole marcia in più del 3D non esce dalla mediocrità. La ricerca dell’assassino è inficiata da qualche particolare buttato qua e là che ne rivela abbastanza presto l’identità e il finale “a ritroso” è piuttosto telefonato. In sostanza, se lo si prende come un colossale luna park di squartamenti tridimensionali, il film risulterà una piacevole digressione, se invece si cercano atmosfera e tensione, posate gli occhialini.