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Il solitario

19/05/2009 11:00

Stefano Camaioni

Recensione Film,

Il solitario

Tre miliardi, gente pericolosa, un colpo sicuro...

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Tre miliardi, gente pericolosa, un colpo sicuro. Leo Piazza (Luca Magri) accetta di collaborare con il criminale Athos Molenda (Adriano Guareschi) in un colpo che potrebbe cambiare la sua vita: assaltare la base di smercio del denaro sporco di uno dei più spietati malavitosi del romano. Ad eccezione di Leo, nessuno dei complici sopravvive, inaspettatamente, a questa rapina in grande stile. Ritrovatosi solo, il giovane si vede a costretto a cercare riparo altrove, braccato da uomini senza scrupoli decisi a fargli pagare caro l'affronto subito, indagando meticolosamente su indizi ed indiziati. Leo chiede aiuto ad una persona fidata, deciso a fuggire dall'Italia, attendendo in religioso silenzio i documenti che potrebbero regalargli la definitiva serenità. Chiaramente però le cose non vanno come previsto, gli spietati criminali che lo braccano si rivelano decisamente più svegli di quanto ci si aspettasse e riescono ad intralciare la corsa del protagonista.


Il solitario rappresenta una realtà insolita nel panorama italiano: è infatti una produzione a bassissimo budget, sostenuta più dall'amore verso un certo modo di fare cinema che da stipendi e grandi distribuzioni. Quello di Francesco Campanini non è un semplice esperimento, ma un vero e proprio obiettivo centrato: riuscire, nonostante i limiti, a proporre un prodotto che superi ogni canone convenzionale. Leo Piazza è un uomo chiuso in se stesso, costretto dalle circostanze ad un'introspezione ancora più ermetica; e il film, quindi, diviene il mezzo con cui il regista esprime il proprio concetto di lotta interiore, utilizzando come tramite un uomo combattuto, pentito e spaventato da ciò che lo ha costretto ad isolarsi. Sarà proprio il solitario, quindi, a farla da padrone in ogni sua veste, in un sottile gioco perverso dove pare quasi certo che ogni uomo debba morire solo in una spirale di agonia ed ansia che lo costringe e paralizza in uno spazio ristretto.


Il budget bassissimo del film emerge nel momento in cui si fa caso alla confezione, sgranata e spesso approssimativa (anche per quanto riguarda la regia di Campanini, vagamente "carpenteriana"); la recitazione dei protagonisti, interpretati da attori teatrali, è invece molto interessante. Il solitario dimostra di essere un prodotto pregevole, dignitoso esponente di una categoria, quella del cinema indipendente, troppo spesso immeritatamente oscurata dall'egemonia e dal predominio del cinema mainstream.


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