Un giovane regista riceve da un produttore l'incarico di scrivere la sceneggiatura del suo primo film assieme al romanziere horror Ubaldo Terzani. Il rapporto di lavoro si trasformerà in una guerra psicologica tra i due. Gabriele Albanesi atto secondo. La nuova stella del cinema horror tricolore torna a far parlare di sé dopo il “crack” dell’esordio: quel Il Bosco Fuori capace di conquistare le simpatie di un certo Sam Raimi e di vedersi spalancate le porte della distribuzione statunitense tramite la Ghost House Underground. Ubaldo Terzani Horror Show rappresenta la seconda fatica dietro la macchina da presa del regista romano, abile e coraggioso nel mettere in scena una vicenda decisamente meno classificabile rispetto a quella trattata dal suo predecessore filmico, all’interno della quale atmosfera, psicologie e ambiguità di fondo prevalgono sul torture-porn di marca slasher. Albanesi firma una pellicola dal piacevole retrogusto anni '80, dove i riferimenti sospesi a metà tra letteratura e cinema (Misery, La metà oscura e Il seme della follia) procedono a braccetto con Un gatto nel cervello, il mai dimenticato Argento e l’onnipresente Tiziano Sclavi: omaggiato una volta si e l'altra pure attraverso un calibrato gioco di strizzate d’occhio, alcune delle quali palesi (la collezione di Dylan Dog nella stanza del giovane cineasta), altre decisamente più sottili (l'appena percettibile riferimento alla casa editrice Camunia); tanto che proprio il creatore del celeberrimo indagatore dell’incubo si palesa come piacevole musa ispiratrice, in grado di guidare la macchina da presa tra le pieghe di una sceneggiatura immersa nel duellare nervoso ed egocentrico tra allievo e mentore, dove la realtà affoga nell’incubo e il doppio, l'onirico e gli stati d’allucinazione la fanno da padrone. Con personalità e idee chiare Albanesi rimbalza tra le mani dello spettatore la sfera della percezione, lasciandogli l'arduo compito di individuare il punto in cui la realtà trabocca nella fantasia: mette alla prova chi guarda scegliendo un sentiero diametralmente opposto rispetto alla sfacciata brutalità de Il Bosco Fuori, dando così alle stampe un'opera seconda dal passo volutamente rallentato e meditativo, dove il sottofinale grandguignolesco, prima di deflagrare nella sua colata splatter, viene accompagnato da un crescendo empatico e inquietante. La conferma, insomma, di quanto Albanesi ci sappia tradizionalmente fare con il genere in questione e non provi assolutamente pudore nel dire la sua (il folgorante incipit con il “battibecco” tra produttore e regista). Ubaldo Terzani Horror Show conferma il talento di un regista che d’italiano possiede solo la carta d’identità: la speranza risiede nel poterlo vedere quanto prima all’opera con mezzi economicamente superiori a quelli che attualmente possiede. Unica variante quest’ultima, che ad oggi sembra rallentarne l’ascesa.