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Hard Boiled

20/06/2011 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Hard Boiled

Hard Boiled si può etichettare come un film chiave nella carriera di John Woo, vuoi per le alte aspettative in quanto diretto successore del cult The Killer (ch

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Hard Boiled si può etichettare come un film chiave nella carriera di John Woo, vuoi per le alte aspettative in quanto diretto successore del cult The Killer (che a sua volta successe ai primi due capitoli di A better tomorrow), vuoi perché è stata l'ultima regia di Woo a Hong Kong prima dello sbarco a Hollywood. Ma sarebbe sbagliato analizzare solo l'importanza cronologica e tempistica di un film che ancora oggi è un vero e proprio must per gli amanti degli action movie di ogni angolo del globo. Era difficile, se non impossibile, replicare i fasti di The Killer, eppure il maestro cinese è riuscito nell'impresa, sfornando un altro caposaldo del genere il cui titolo ne contiene già l'essenza più pura e incontaminata. Accompagnato dal fido amico Chow Yun-Fat, e con la presenza di un Tony Leung pre-Hong Kong Express (e qui in un ruolo che avrà diverse cose in comune con quello interpretato in Infernal Affairs), Woo ci racconta quindi un'altra storia epica di un'amicizia virile tra regole d'onore e senso di giustizia.


Il sergente Tequila (Chow Yun-Fat) è sulle tracce di una banda di trafficanti d'armi comandata dal ricco e spietato Johnny Wong (Anthony Wong), per il quale lavora da poco l'infallibile killer Alain (Tony Leung). Ma quest'ultimo è in realtà un informatore della polizia, e il suo lavoro dalla doppia identità mette a rischio ogni giorno la sua vita. Dopo l'iniziale e comprensibile diffidenza, Tequila e Alain cominciano a collaborare per estirpare il dominio di Wong. Quando scoprono che uno dei magazzini principali dell'organizzazione si trova all'interno di un ospedale, la loro sfida diventa inesorabilmente più ardua, col pericolo di mettere a repentaglio anche l'incolumità dei pazienti.


Il rapporto tra Tequila e Alain, seppur con le limate differenze, ricalca quello visto tra Dumbo e Topolino (così come traslitterati nel discutibile doppiaggio italiano) del precedente Capolavoro di Woo. Una solida e profonda amicizia che nasce dalla diffidenza, ma ben presto indistruttibile, che spinge a lottare due uomini contro forze di gran lunga superiori. Manca qui quella tragicità di fondo che permeava ogni fotogramma di The Killer: seppur non esenti da forti istanti di lirismo drammatico, si gioca più sulla spettacolarità della messa in scena, sulla costruzione certosina delle acrobazie esplosive e degli ambienti teatri di scontri, grazie ai quali il regista si inventa e ci regala alcune delle scene d'azione più coinvolgenti ed esaltanti dell'intera storia cinematografica. La sequenza in cui Chow Yun-Fat fa strage di nemici mentre porta con sé un neonato in braccio è un must entrato nel comune immaginario cinematografico, tanto da esser ripresa anche nell'americano Shoot'em up. È del tutto assente la componente romantica, nonostante la presenza dell'amata di Tequila, qui sua collega e donna tutto d'un pezzo anche dinanzi alle situazioni più crude. Maggior attenzione è stata invece riservata alle psicologie dei protagonisti: se Chow Yon-Fat è un simpatico guascone col vizio del periglio, è senza dubbio la figura di Alain (Tony Leung si dimostra perfetto interprete wooiano dopo la sofferta prova di Bullet in the Head) ad emergere prepotentemente, in una sorta di lotta interiore che lo obbliga a commettere azioni e omicidi per non far saltare la sua copertura. Nota di merito per l'ambientazione ospedaliera, evidentemente apprezzata da Woo, visto che ritorna spesso nelle sue opere, e che qui si erge a co-protagonista pulsante della seconda parte di visione. Si vive, si spara, si muore, tra ironia e adrenalina per due ore di assoluto divertimento (nel senso più intelligente del termine) cinefilo.


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