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Per sfortuna che ci sei

22/06/2011 10:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Per sfortuna che ci sei

Dopo il lungometraggio d'esordio Jojo La Frite e una lunga gavetta televisiva, Nicolas Cuche, giovane regista francese, torna al cinema con Per sfortuna che ci

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Dopo il lungometraggio d'esordio Jojo La Frite e una lunga gavetta televisiva, Nicolas Cuche, giovane regista francese, torna al cinema con Per sfortuna che ci sei, divertente commedia interpretata dai semi-sconosciuti (in Italia) François-Xavier Demaison e Virginie Efira. In una stagione cinematografica in cui la commedia l'ha fatta da padrone nel cinema francese, La chance de ma vie si propone come un film leggero e divertente, senza pretese auliche e per questo capace di affascinare gli spettatori.


Julien (François-Xavier Demaison) è un affermato e ricercatissimo consulente di coppia, famoso per la sua capacità di risolvere anche i casi più disperati. Paradossalmente, tuttavia, non è mai riuscito a tenersi una donna per più di due settimane. Il problema? Julien è convinto di portare sfortuna a tutte le ragazze che hanno la malsana idea di innamorarsi di lui. Tra labbra gonfie, lavori persi, allergie, licenziamenti e così via, le fidanzate di Julien scappano davanti a questo gatto nero delle relazioni. Joanna (Virginie Efira) è una giovane donna in carriera e piena di ambizioni, alle prese con una pessima relazione con Charles. Proprio per cercare di salvare il suo rapporto, Joanna si rivolge a Julien, dopo averlo incontrato ad un matrimonio. Julien perde immediatamente la testa per lei e i due cominciano a frequentarsi. Nel frattempo Joanna ottiene un importante incarico dal suo ambiguo capo Markus (Elie Soumon): deve occuparsi della progettazione della nuova automobile del magnate Dupont (Yves Jacques). Proprio quando la carriera della ragazza sembra prendere il volo, la sfortuna di Julien si ripresenta, obbligando Joanna a scegliere tra l'amore che prova per lui e la possibilità di avere successo nel lavoro, anche grazie all'aiuto di Martin (Raphaël Personnaz), figlio di Dupont.


Cuche per raccontare questa divertente storia d'amore, parte da uno dei topoi ricorrenti: le donne si innamorano sempre dell'uomo sbagliato. La banalità dello spunto viene comunque smorzata dalla caratteristica che rende Julien tanto pericoloso; non è un dongiovanni, nemmeno un allergico delle storie importanti. Non è un agente segreto e tantomeno un malato terminale. Semplicemente, Julien porta sfiga. Proprio lui, che vorrebbe con tutte le sue forze una storia d’amore e che è tanto bravo a ricucire quelle di una moltitudine di persone, non riesce a trovare la sua anima gemella. E partendo da questa idea – semplice e vincente al tempo stesso – il regista transalpino riesce a creare un universo diegetico piacevole e divertente. Con uno stile visivo che varia dal videoclip allo slide show, Per sfortuna che ci sei è una storia d’amore non banale, che riesce a strappare più di una risata allo spettatore. La sequenza di “frequentazione” tra Julien e Joanna viene risolta attraverso una sorta di album dei ricordi, con smorfie e situazioni che fanno ridere anche nella loro staticità di fotografie. Persino la lista delle sfortunate che sono state colpite dalla iella di Julien viene proposta con uno stile accattivante e leggero, che non rallenta affatto la fruizione del prodotto filmico, ma rende quest’ultimo più glamour e più coinvolgente. La narrazione, infatti, viene vista attraverso gli occhi del protagonista, e allo spettatore sembra più di essersi perso (piacevolmente) all’interno di un diario segreto, tra pensieri e ricordi, speranze e delusioni. Merito senz’altro di una buona sceneggiatura che non risulta mai banale e non scivola mai nel già visto; le gag sulla sfortuna di Julien hanno un ottimo ritmo comico, senza bisogno di ricorrere alla volgarità. Non mancano, tuttavia, richiami al lato divertente della sessualità, con almeno un paio di situazioni imbarazzanti in cui la povera Joanna dovrà barcamenarsi per non perdere il lavoro. Con una colonna sonora moderna e internazionale, la riuscita della pellicola si deve anche alla buona recitazione del cast. Demaison, in particolar modo, riesce a creare un personaggio reale, con fissazioni e paure, donandogli una profondità non indifferente. Il fatto, poi, che non sia uno dei soliti adoni sdolcinati in voga nel genere, lo rende anche più simpatico, e facilita il lavoro dello spettatore che, già dopo due minuti, non può fare a meno di tifare per lo sventurato iettatore, che balla in maniera convulsa all’interno di un monastero dove si era ritirato per trovare la pace. Provare per credere.


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