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Passannante

22/06/2011 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Passannante

Nel 150° anniversario dall'Unità d'Italia, in un anno in cui si è cercato in ogni modo di valorizzare il patrimonio culturale e storico del Bel Paese, il film d

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Nel 150° anniversario dall'Unità d'Italia, in un anno in cui si è cercato in ogni modo di valorizzare il patrimonio culturale e storico del Bel Paese, il film di Sergio Colabona arriva come un fulmine a ciel sereno, riportando in superficie una storia dimenticata del nostro paese. Grazie anche allo sforzo di Ulderico Pesce che in tutti questi anni si è impegnato affinché questa vicenda non venisse dimenticata, portandola in giro per l'Italia in uno spettacolo teatrale che ora, grazie a Colabona, arriva anche al cinema.


Giovanni Passannante è un giovane cuoco pugliese anarchico, pieno di ideali democratici che lo mettono contro il re Umberto I. L'anno è il 1878, e la vita del cuoco subisce una svolta quando, con il motto "viva Orsini, viva la repubblica universale" decide di attentare alla vita del sovrano con un coltellino lungo appena quattro dita. L'assassinio - naturalmente - non riesce, e mentre il Re si procura solo qualche graffio, Giovanni Passannante riceve la notizia della sua condanna a morte. Per merito di una grazia, la sua pena viene commutata in ergastolo, ma ben presto Passannante arriverà a desiderare la morte; il suo carcere a vita, infatti, si trasforma in un incubo di solitudine e tortura. Lasciato a marcire in una cella sotto il livello del mare, con un altezza che non superava il metro e quaranta, Passannante capirà che la grazia ricevuta altro non è che un colpo mancino di quell'Italia in cui lui non si riconosce. In un anfratto buio, pieno dei propri escrementi, solitario e abbandonato, ben presto Passannante si lascia scivolare nelle spire della pazzia. Spostato al manicomio di Montelupo Fiorentino, all'anarchico non rimane altro che aspettare la morte, che puntualmente arriva nel 1910. Tuttavia neanche da morto, il cuoco riuscirà a raggiungere la pace; quasi si trattasse di un vampiro, il cadavere viene sfregiato con la testa staccata dal resto del corpo e poi esposta nel museo criminale di Roma. A fine anni Novanta, tuttavia, tre idealisti ingenui e sospinti dalla forza delle proprie convinzioni, decidono di mettersi all'opera per recuperare la figura di Passannante dalle pagine d'oblio in cui era finito e per dare una giusta sepoltura a un uomo torturato dal paese che invece avrebbe dovuto salvaguardarlo.


Con una struttura altalenante tra passato e presente, continui flashback e complementari flashforward, Passannante rappresenta l'ossessione di un uomo (in particolare Ulderico Pesce) trasportata su pellicola, proprio per restituire al grande pubblico l'immagine di un combattente finito nel dimenticatoio. Quali che siano le idee politiche delle persone sedute in sala, non si può fare a meno di rabbrividire davanti alle torture fisiche e psicologiche che Passannante ha dovuto subire nel corso della propria vita. Senza contare che il film di Sergio Colabona arriva in un momento storico in cui la xenofobia e il terrorismo dilagante hanno riportato in superficie il sempreverde dibattito sulla pena di morte. Passannante era un idealista che si è battuto per ciò in cui credeva, e per questo è finito a marcire in un cubicolo dimenticato da Dio. A questo punto allora pare giusto domandarsi dove sia il confine che può spingere un governo o l'autorità a comportarsi come Dio stesso. Ma al di là delle disquisizioni politiche e delle polemiche che sicuramente accompagneranno la pellicola, quello che affascina in questo film è la sincerità con cui è stato girato. Appare palese in ogni inquadratura quanto regista e sceneggiatori credessero in questa storia, quanto fossero vicini alla vicenda di Passannante. Tuttavia, però, le buone intenzioni non bastano. Non basta una buona idea per fare di Passannante un film da consigliare o da tramandare ai posteri. La regia è insipida e senza slanci, accompagnata da una recitazione spesso balbettante o distaccata. L'idea della struttura temporale spezzata in due linee guida è buona, e di sicuro aiuta per entrare maggiormente nel vivo dell'azione, ma il tutto è realizzato frettolosamente, e spesso questa biforcazione temporale arriva a confondere se non proprio ad annoiare lo spettatore.


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