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Super 8

13/07/2011 10:00

Marco D'Amato

Recensione Film,

Super 8

La ricetta magica di Steven Spielberg funziona ancora: campeggia sempre lì, scritta con caratteri dorati, a pagina uno del manuale “Come ottenere un successo pl

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La ricetta magica di Steven Spielberg funziona ancora: campeggia sempre lì, scritta con caratteri dorati, a pagina uno del manuale “Come ottenere un successo planetario” e intoccabile dal 1977, anno in cui fu scoperta da Steven girando Incontri ravvicinati del terzo tipo. La ricetta è semplice ma clamorosamente efficace: si mischia a un colossale impianto sci-fi, a quella complessa mistura di paura e insoddisfacibile curiosità che cattura l’essere umano (come qualsiasi animale del resto) davanti all’ignoto, una ragguardevole dose di buoni sentimenti e affidando il ruolo di “chiave” del racconto a un bambino o ad un gruppo di bambini, gli unici in grado di porsi con innocenza e senza pregiudizi davanti allo ξενός, l’estraneo. Spielberg, qui nelle vesti di produttore, la impresta al pupillo J.J. Abrams, regista di Mission Impossible 3 e dell’ultimo Star Trek, produttore di Cloverfield e della serie Fringe, ma conosciuto ai più soprattutto per aver prodotto uno dei più clamorosi successi televisivi degli ultimi anni, quel Lost che ha inchiodato davanti al piccolo schermo milioni di spettatori in tutto il mondo. E i lostiani, in aggiunta, potranno godere anche qui delle musiche di Michael Giacchino.


Il film, ambientato alla fine degli anni ’70, è un esplicito omaggio al cinema fantastico di quel periodo tra la fine dei seventies e la prima metà degli anni ’80. Le pellicole ispiratrici sono numerose: in primis proprio gli spielbeghiani Incontri ravvicinati del terzo tipo e, soprattutto, E.T., con più di qualche richiamo a Cloverfield, ma anche film manifesto degli anni ’80 come I Goonies e lo splendido Stand by me (e in misura minore un’altra opera kinghiana, It), film che mascheravano dietro un impianto comedy o fantasy/horror il difficile e avventuroso passaggio dall’infanzia all’adolescenza e alla maturità di un gruppo di bambini.


In una cittadina dell’Ohio, nell’estate del 1979, un gruppo di ragazzini decide di girare un piccolo zombie-movie in Super 8, la rivoluzionaria pellicola della Kodak che negli anni ’70 generò un numero infinito di registi amatoriali. Mentre filmano, di nascosto dai genitori, una scena notturna, sono testimoni di un tremendo incidente ferroviario. Ben presto la cittadina viene sconvolta da una serie di sparizioni e fenomeni inspiegabili e toccherà proprio ai bambini salvare la situazione.


Abrams aggiunge un tocco di Lost (il pericolo nascosto che si annida ovunque ma che non esce mai allo scoperto fino alla fine) ed è inutile dire che il film funziona alla grande: la storia è "catchy", come direbbero gli americani, il ritmo è rapido, le vicende appassionanti e divertenti. La confezione, naturalmente, è impeccabile e spettacolare. Il limite è tutto nella forte percezione di déjà vu: lo sviluppo della trama è prevedibile, l’happy ending scontato sin dall’inizio. Si ha la sensazione di rivivere qualcosa di spettacolare, ma già visto: come se riproponessero "italiagermaniaquattroatre" ma con i giocatori con magliette diverse. E tu sei lì sulla poltrona e pensi “Eh no, caro Steven, stavolta non piangerò mentre l’astronave parte.” Perché negli anni la poesia e l’onestà degli originali si è un po’ annacquata, si è dispersa tra le decine di epigoni e rifacimenti e il meccanismo dorato accusa qualche battuta a vuoto. Magari però questo déjà vu lo spettatore più giovane e meno smaliziato non lo avrà e gli sarà sicuramente difficile non appassionarsi alle vicende di questo gruppo di ragazzi, che coglie davvero nel segno. Con una caratterizzazione dei personaggi che farà sorridere qualunque fan dei Goonies, spiccano l’ottimo protagonista Joel Courtney, degno successore del piccolo Elliot di E.T., la fantastica Elle Fanning (vista in Somewhere di Sofia Coppola) e il “regista” ciccione Riley Griffiths.


Must assoluto per gli under 14. Nessuno tuttavia si meravigli se alla cassa si dovessero presentare eserciti di ex-bambini rimasti a sognare, a bocca aperta, del volo di un ragazzino e di un ominide grigio-verde, protetti da una coperta a bordo di una bicicletta che si staglia su un’enorme luna piena. Per concludere: non abbandonate per nessun motivo la sala quando iniziano i titoli di coda o perderete la parte più divertente del film!


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