Il camionista Ah Long (Chow Yun-Fat) fa una vita precaria insieme al figlio Porky (Kwan Yuen Wong). Una svolta sembra arrivare quando il piccolo viene scelto come protagonista di uno spot televisivo. Il caso vuole però che la regista della pubblicità sia proprio la madre di Porky, Sylvia (Sylvia Chang) fuggita dieci anni prima in America in seguito ad un violento litigio con Ah Long, convinta che il bambino fosse morto dopo il parto. Strano il destino di questa pellicola, considerata ad Hong Kong come un vero e proprio classico popolare, e sconosciuta in occidente nonostante la presenza di Chow Yun-Fat e in cabina di regia di Johnnie To. Misteri della settima arte, visto e considerando che, impatto sulla gente escluso, All about Ah Long è un intenso melodramma, tra i migliori del genere della cinematografia nazionale, che fa naturalmente suoi tutti gli stilemi del filone, con dei valori aggiunti preponderanti quali le superbe interpretazioni dei tre interpreti principali. Un'opera d'impatto, che agisce sul cuore finendo per commuovere in più occasioni e che farà scappare qualche lacrima anche agli spettatori più cinici. Una storia sulla famiglia, sull'amore perso e ritrovato, sui rimorsi del passato e le speranze del presente, con un neanche troppo velato confronto tra lo stile di vita hongkonghese e quello yankee. Parecchia carne al fuoco, che riesce a esprimere tutte le sue variegate anime soprattutto grazie alle intense performance degli attori. Chow Yun-Fat e Sylvia Chang riescono a imprimere una forza emotiva struggente alla loro tormentata love-story, ma la più grande sorpresa è senza dubbio la prova del piccolo Kwan Yuen Wong, strepitoso nella sua tenera età a dare forma e credibilità al dramma vissuto dal suo personaggio. La trama in cui queste tre anime si riconciliano è ricca di toccanti scene madri, e lo stesso finale, seppur leggermente forzato, è un vero e proprio colpo al cuore. In questo dramma familiare vi è anche l'occasione per mostrare le diverse facce di una Hong Kong ancora incapace di conciliare le sue due anime, quella colonialista e quella nazionale, e la vita pulsante della metropoli trabocca in ogni passaggio, facendo da apripista alla splendida città notturna che Johnnie To ci racconterà nei suoi futuri capolavori. In una sorta di moderno neorealismo il regista ci regala una delle sue pagine più personali, ancora lontana dal vero e proprio stile che avrebbe lanciato negli anni a venire, ma proprio per questo ancora più vivida.