Una delle saghe videoludiche di maggior successo dall’avvento della grafica poligonale ha trovato adattamento in forma di live action. Fin dal suo esordio sulla prima console di casa Sony, nell’ormai lontano 1994, Tekken ha saputo conquistare schiere di fans con il suo mix di immediatezza e tecnicismi, uniti ad una grafica sempre all’avanguardia e un rooster di personaggi ben caratterizzati e differenziati. L’adattamento cinematografico live action è stato affidato a Dwight H. Little, che dirige un cast di attori pressoché sconosciuti, dando vita ad un’opera solo parzialmente in grado di riportare sul grande schermo la storia e il carisma dell’Iron Fist Tournament di Namco-Bandai.
La storia del film trasforma «Tekken» nel nome della città e dell’impero economico guidati dal vecchio Heihachi Mishima (Cary-Hiroyuki Tagawa), con il figlio Kazuya (interpretato da Ian Anthony Dale, per l’occasione dotato di un pizzetto inedito per il videogioco) a bramare il posto di suo padre. In un contesto post bellico, in cui sono proprio le corporazioni ad aver assunto il potere, la situazione sociale è allo sbando e il torneo di arti marziali “Iron Fist” (Pugno di Ferro) rappresenta una moderna interpretazione dei giochi gladiatori volti a tener buone le masse. A questo tipo di intrattenimenti non si è mai interessato il protagonista della storia, Jin (Jon Foo), addestrato dalla madre Jun Kazama (Tamlyn Tomita) alle arti marziali ma da questa interdetto alla partecipazione al torneo per delle motivazioni che diverranno chiare nel corso del film. Un drammatico evento vede però Jun morire per decisione di Kazuya e Jin, sconvolto dalla rabbia e dal dolore, decidere di partecipare al torneo per avere modo di vendicarsi.
A partire da quest’antefatto, ha inizio un film che richiama alla memoria le tante pellicole con protagonista Jean-Claude Van Damme, caratterizzate da una serie di scontri fisici all’ultimo sangue e un’esile trama a fare da collante fra i diversi incontri. L’impostazione narrativa in questi termini è fondamentalmente corretta e rappresenta un’iniziativa certamente più condivisibile di quanto al tempo avvenne per l’adattamento cinematografico di Street Fighter, altro celebre videogioco che vide invece la propria identità completamente snaturata da un’impostazione da action/war movie assolutamente ingiustificabile. A far storcere il naso ai fans di Tekken sarà invece la discutibile selezione dei personaggi inseriti nel film e la scelta degli interpreti: pochi dei principali combattenti della celebre saga trova spazio nel film e sebbene la resa di molti di quelli inseriti - su tutti la bella Christie Monteiro (Kelly Overton) - sia efficace, sono proprio i principali antagonisti ad essere stati affidati ad attori poco adatti al ruolo, mentre ad alcuni personaggi secondari è stata riconosciuta un’eccessiva rilevanza. Nel complesso, malgrado le scene di combattimento risultino realizzate in modo accettabile, con rimandi ai colpi specifici di ogni combattente e coreografie e scenografie che richiamano quelle del videogioco, una storia banalizzata, delle caratterizzazioni semplificate e la mancanza generale di pathos impediscono a questo film di elevarsi in qualche modo dalla mediocrità che, a distanza di tanto tempo, continua ad affliggere la maggior parte degli adattamenti cinematografici da videogioco.