A breve distanza da Una vita nel mistero, il giovane regista pugliese Stefano Simone è pronto con un nuovo lungometraggio: Unfacebook. Se il precedente lavoro aveva favorevolmente colpito nonostante alcuni limiti, Unfacebook rappresenta un ulteriore, deciso passo avanti nell’evoluzione artistica di Simone. Lasciate da parte le venature metafisiche di Una vita nel mistero, mantenendo però un chiaro sostrato mistico-religioso - evidentemente a lui molto caro - Simone sforna un thriller-horror carico di atmosfera e tensione. Il primo, grande successo del regista è quello di aver creato un suo stile assolutamente riconoscibile a chiunque abbia mai visto un suo lavoro: frequenti cambi di inquadratura e prospettiva, ralenti, paesaggi assolati trasfigurati in malinconiche tonalità biancastre e grigio-scure, sulla falsariga del primo Avati e frequenti carrellate sulla periferia più opprimente e deserta. Su tutto domina la colonna sonora di Luca Ariemma, sintetica e ossessiva, sempre efficace. Prendendo spunto da un racconto breve (Il prete) di Gordiano Lupi, Simone narra la storia di un prete di un paesino della Puglia che, stanco di elargire il perdono a un nugolo di peccatori impenitenti, decide di diventare la “spada del Signore”, abbattendo su di loro il castigo divino. Tramite una sorta di ipnosi induce a un orrendo suicidio un pedofilo, una moglie traditrice e un truffatore. Non pago, decide di portare la sua missione a un livello superiore: usando Unfacebook, una nuova chat diffusissima tra i giovani, crea un esercito di ragazzi privi di una propria volontà, pronti ad uccidere senza scrupoli tutti coloro i quali sono ritenuti indegni di perdono dal prete. A cercare di contrastarlo sarà un giovane commissario, da poco trasferito in città. Simone lancia un messaggio contro la sempre crescente virtualizzazione del rapporto tra i giovani, creando una sorta di malattia, un “virus” che ne contagia le menti attraverso il web e la tecnologia, creando un potenziale esercito di “zombie” assassini. Brutali e di effetto le scene degli omicidi, per stomaci forti quella dell’autoevirazione del pedofilo; buona la prova dei due protagonisti (Giuseppe La Torre, inquietante nel ruolo del prete, e Paolo Carati, il commissario) che recitano sfruttando più la mimica facciale che le parole, contribuendo notevolmente alla cupezza dell’atmosfera. Non è forse un caso che i momenti di stanca del film corrispondano a quelli più dialogati, come l’incontro del commissario con la psicologa o con il questore. Certamente, Simone segna un altro punto decisamente a suo favore con Unfacebook, distinguendosi come uno dei migliori registi italiani emergenti.