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Dopo l’enorme successo de Il pianeta delle scimmie, la 20th Century Fox, consapevole del fascino nutrito dal pubblico per gli antenati dell’uomo, decise di investire in un sequel passando lo scettro registico da Pierre Boulle a Ted Post, meglio conosciuto come l’autore di numerosi episodi di serie televisive di successo come Ai confini della realtà e Combat. Era impensabile, infatti, far terminare la storia con un punto interrogativo e così, riprendendo il discorso finale della pellicola precedente, L’altra faccia del pianeta delle scimmie inizia mostrando allo spettatore le immagini di Taylor e Nova che cavalcano alla ricerca dei loro simili. Mentre l’uomo viene inghiottito da una parete rocciosa, Nova incontra Brent, un collega di Taylor approdato sul pianeta per cercarlo. Con l’aiuto della dottoressa Zira e di suo marito Cornelius, i protagonisti scoprono che il perfido comandante Ursus, ha deciso di conquistare la misteriosa civiltà che vive nella zona proibita, per sottometterla e prendere possesso del territorio. Nova e Brent, durante una fuga, finiscono nello stesso vortice che aveva inghiottito Taylor, e si ritrovano a vagare per le rovine di un vecchio tempio abitato da una particolare specie di mutanti umani capaci di manipolare le menti. A differenza degli uomini (privi della parola) che abitano il pianeta, però, questa specie evoluta si esprime solo con la forza del pensiero e idolatra un vecchio ordigno atomico... Differentemente dal capitolo precedente, L’altra faccia del pianeta delle scimmie è un film meno teorico (all’apparenza) e molto più pratico. Una buona dose di azione e avventura, infatti, avvicina la pellicola al genere western con cavalcate su grandi distese e duelli all’ultimo sangue, mentre la costante presenza di strategie di attacco e preparazione degli schemi di guerra, strizza l’occhio alle contemporanee contestazioni belliche in Vietnam. E proprio la guerra, infatti, è la responsabile della perversa creazione di mutazioni genetiche: le scimmie evolute e i mutanti umani, entrambi colpevoli di provare odio per il diverso. Se le scimmie, infatti, hanno commesso gli stessi crimini che hanno compiuto in precedenza gli uomini, allora, anche i mutanti superevoluti sono, in realtà , semplici prodotti della corruzione umana. L’evoluzione di poteri in grado di manipolare la mente o leggere nel pensiero, non bastano a renderli una specie migliore: gli esseri telepatici, infatti, sono aridi e sterili, incapaci di provare sentimenti ed emozioni. Le scenografie sono ricche di particolari ma prive di colore, proprio per mostrare allo spettatore che l’apparenza, in fondo, inganna sempre. Se il futuro dell’uomo, allora, è questo, Taylor preferisce sacrificarsi per la fine del mondo. Sebbene polemico e apocalittico, il finale serve a ricordare a tutti che ognuno è artefice del proprio destino. E Post si offre come portavoce di questa istanza.