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Tutta colpa della musica

21/09/2011 11:00

Ingrid Malossi

Recensione Film,

Tutta colpa della musica

Giuseppe (Marco Messeri) ha cinquantacinque anni ed è da poco andato in pensione...

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Giuseppe (Marco Messeri) ha cinquantacinque anni ed è da poco andato in pensione. Vive in un appartamento con la moglie, una fervente testimone di Geova, la madre cattolica e una figlia single e depressa. Dopo una vita passata a lavorare deve trovare il modo di occupare le sue giornate, soprattutto tenendosi il più lontano possibile dalla famiglia che lo rende solo infelice. Decide quindi di seguire i consigli di Napoleone (Ricky Tognazzi) detto “Nappo”, amico di una vita, che canta nel coro della città, all’interno di una chiesa sconsacrata. Qui un giorno incontra Elisa (Stefania Sandrelli), il soprano del gruppo, donna affascinante della quale si innamora immediatamente. La donna però ha un suo lato oscuro e fragile: ha un marito rimasto invalido da lungo tempo, al quale si dedica quotidianamente per tutte le cure del caso. Il coro è perciò la sua più grande passione nonché unica valvola di sfogo di una vita che la vuole ombra di un uomo che non è più fisicamente al suo fianco.


La pellicola diretta dallo stesso Ricky Tognazzi, presentata in concorso nella sezione Controcampo italiano alla 68° Mostra del Cinema di Venezia, non è la solita storiella d’amore in età adulta, ma una commedia sul desiderio di ricominciare a vivere e ad amare, sul risveglio di qualcosa di troppo sopito e nascosto che alla lunga aveva spento i due protagonisti, vuoi per un amore volto al termine (Giuseppe), vuoi per colpa di una malattia che aveva allontanato Elisa da ogni più piccola forma di affetto. Ma, come vuole il titolo, è soprattutto la musica che fa da collante a questa commedia italiana, simpatica e leggera, che ruota tutto sulla buona prestazione attoriale della già ben rodata coppia Sandrelli – Messeri, sulla cavatina di Vincenzo Bellini, colonna sonora dell’inizio dell’idillio fra i due.


Al contrario, non pochi difetti si possono ravvedere in una sceneggiatura, scritta a sei mani dalla coppia Tognazzi–Izzo e da Leonardo Marini, didascalica e francamente fin troppo esplicativa nel suo incedere, che ha in Chiara (figlia di Giuseppe, interpretata dalla cantante Arisa) e nel fidanzatino farmacista, l’apice dei tanti vergognosi difetti della commedia italiana contemporanea: gag scontate, taglio televisivo e ruoli talmente stereotipati da strappare solo qualche tiepida risata. Anche il personaggio di Nappo, immaturo e irrequieto, si propone continuamente sfide, sessuali e sportive, proprio perché la vita è una continua lotta, un cadere e rialzarsi, e non importa se la carta d’identità imporrebbe un certo contegno e dignità, l’importante è non farsi cogliere dalla malinconia, da quel terribile smarrimento che deriva dal non riconoscersi più in un’immagine riflessa su un vetro.


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