Ad appena quattro anni di distanza dalla pellicola originale, la 20th Century Fox investe sul quarto capitolo della saga delle scimmie e ne affida la regia a J. Lee Thompson, noto al pubblico per la regia de La lunga ombra gialla e Il promontorio della paura. Fedele alla descrizione dei personaggi nati dalla penna di Pierre Boulle, il regista inglese continua la narrazione laddove si era filmicamente interrotta. 1999 – Conquista della Terra, infatti, ruota attorno a Cesare, il cucciolo di Zira e Cornelius, allevato da Armando, il titolare del circo. Durante una visita in città , Armando e Cesare scoprono di vivere in un mondo in cui gli scimpanzé vengono usati come animali domestici, dopo che un virus ha annientato tutti i cani e i gatti. Davanti alla brutalità del trattamento dei membri della sua specie, Cesare non riesce a trattenere un commento di stizza e così, mentre Armando è incarcerato, lui è costretto a fuggire e a nascondersi tra un carico di scimmie primitive. Addestrato a svolgere i lavori più umili, Cesare finisce nelle mani del governatore Breck da cui scopre, casualmente, che Armando si è ucciso per non rivelare la verità su di lui. Addolorato, lo scimpanzé organizza una rivolta per riscattare i suoi simili dalla schiavitù e liberare il mondo da una razza dominante perfida e spietata. Dopo tre capitoli brillantemente riusciti, era difficile realizzarne un quarto all’altezza delle aspettative del pubblico. Ma J. Lee Thompson, abile nel mestiere, riesce a realizzare una pellicola politically correct che parli direttamente al cuore dello spettatore. Per riuscire nell’impresa, il regista utilizza elementi prettamente visivi: gli oggetti presenti sulla scena sono scuri e policromi, le scenografie sono sudicie e ostili, il make up delle creature è (volutamente) imperfetto ed esasperato. La prima cosa che salta all’occhio, infatti, è la costante presenza di sporco, di sudore e di sangue, che necessariamente riporta alla mente la lotta politica e sociale, capitanata da Che Guevara per la liberazione di Cuba. Il risultato infatti è il medesimo: la rivoluzione è necessaria laddove la società dominante è guidata dall’odio e dalla violenza. Le scimmie, infatti, appaiono come le vittime innocenti, subordinate e sottomesse a padroni umani dispotici e brutali. Un applauso, dunque, a Thompson capace di coinvolgere e appassionare un pubblico (umano) abituato a considerarsi superiore a qualsiasi specie animale.