Nathan (Taylor Lautner) è un adolescente come tanti, che vive in una famiglia benestante composta da Kevin (Jason Isaacs) e Mara (Maria Bello). Ciò che lo differenzia da gran parte dei suoi amici, tuttavia, è la ricorrenza con cui di notte viene perseguitato da incubi e da attacchi incontrollati di rabbia; per questo motivo, i genitori spingono il ragazzo a consultare una psichiatra, la dottoressa Bennett (Sigourney Weaver). Tuttavia, l'esistenza di Nathan subisce una sferzante svolta quando, nell'adempimento di un compito scolastico insieme all'amica Karen Murphy (Lily Collins), scopre la sua foto su un sito di bambini scomparsi. Da quel momento in poi inizierà per Nathan un lungo e rocambolesco viaggio attraverso gli Stati Uniti per scoprire la sua vera identità. Preparatevi, perchè Jason Bourne è tornato. Nel 2007 Paul Greengrass (United 93, Green Zone) metteva la parola fine alla trilogia dedicata all'ex agente segreto della CIA colpito da un'amnesia. A distanza di quattro anni John Singleton - regista altalenante, candidato agli Oscar per Boyz n the Hood - porta sul grande schermo una storia che sembra calcata proprio su quella più famosa tratta dai romanzi di Ludlum, mettendo al centro dell'azione non Matt Damon, ma il licantropo della saga di Twilight, Taylor Lautner. Desideroso di scrollarsi di dosso l'immagine di Jacob Black e mostrarsi come attore poliedrico, Lautner incappa in un action movie dove - pur non mancando di situazioni interessanti - al massimo viene mercificato come elemento di sicuro successo al botteghino. La prestanza fisica dell'attore - allenata da diversi anni di karate - viene buttata in pasto al pubblico, senza una ragione logica se non quella di attirare l'attenzione delle molte fan di Lautner. È evidente il tentativo, dalla parte della produzione e del regista stesso, di creare un film che potesse rivolgersi ad un pubblico eterogeneo, ma il risultato è una pellicola mediocre che urla al trash e che appare troppo di infimo livello anche per quel target adolescenziale che, in realtà, è il vero destinatario della fruizione. Nonostante la presenza di due ottimi attori come Sigourney Weaver e Alfred Molina - o forse proprio a causa del distacco tra questi e i due protagonisti inesperti - il film non riesce ad avvincere lo spettatore, questo anche per via di una sceneggiatura abbozzata. I personaggi non vengono approfonditi in maniera esauriente nei loro tratti psicologici, risultando alla fine caratteri stereotipati della fabbrica hollywoodiana. Nathan/Lautner, poi, ha così tante identità che risulta quasi impossibile stare dietro a tutte, senza annoiarsi, anche perchè i dialoghi sono così assurdi da scivolare molto spesso nel comico, come nella scena in cui il villain della situazione (quasi macchiettistico nel suo essere "cattivo fino in fondo") minaccia il protagonista con la promessa di uccidere tutti i suoi amici su facebook. Molto ben girate le scene d'azione, con inseguimenti rocamboleschi lungo i confini americani e su treni in corsa, con Taylor Lautner costretto a salti inverosimili degni di un licantropo. Tuttavia la pura azione non basta, se a farle da sfondo non c'è una storia ben congegnata e soprattutto ben scritta.