
Dopo il successo ottenuto con 1999 – Conquista della Terra, la 20 th Century Fox decide di affidare al regista J. Lee Thompson un altro capitolo della saga de Il pianeta delle scimmie. Anno 2670 – Ultimo atto, utilizza un narratore interno alla vicenda per introdurre lo spettatore nel nuovo mondo governato da Cesare, lo scimpanzé intelligente figlio di Zira e Cornelius. Dopo aver liberato la sua specie dalla schiavitù umana, infatti, Cesare costruisce un’altra società tra le radure dei boschi, suddivisa in un sistema gerarchico in cui le scimmie dominano lo stato e gli uomini li aiutavano a mantenerne il controllo. Sebbene gli scimpanzé avevano accettato di convivere con la razza umana, i gorilla, capitanati dal perfido generale Aldus, cercano di elaborare un piano per uccidere Cesare, rinchiudere gli umani e salire al potere. Incerto sulle decisioni da prendere, il governatore, lo scienziato Orango e il loro amico umano MacDonald decidono di recarsi all’antica città per recuperare le registrazioni video del processo di Cornelius e Zira. Ma il luogo è adesso abitato da una razza umana “corrotta” dalle radiazioni della precedente esplosione atomica. Il governo di Cesare, dunque, è sotto un duplice assedio: quello esterno dei mutanti umani e quello interno della schiera di Aldus. Gli uomini infine decidono di allearsi con gli scimpanzé per difendere l’unico residuo di civiltà che conoscono. Dal regista dell’ottimo Fuga dalla Terra ci si sarebbe aspettato un capitolo conclusivo all’altezza del precedente. E invece no, J. Lee Thompson fa marcia indietro e cancella tutta la carica polemica (e politica) del quarto episodio. Se in quest'ultimo i riferimenti a Che Guevara non erano nemmeno tanto velati, qui il richiamo al nazismo è talmente schematico e attenuato da risultare banale. Il Cesare che aveva conquistato la terra, dunque, una volta riorganizzata la società, sembra stanco di lottare per mantenere l’ordine e l’equilibro tra i suoi simili. Proprio per questo motivo, infatti, vinta la battaglia, MacDonald propone agli scimpanzé di convivere liberamente, ognuno nel proprio territorio. La richiesta viene accolta ma, mentre il narratore racconta la fine della storia ai suoi studenti umani e animali, la macchina da presa si avvicina alla statua di Cesare al centro della foresta e, con un piano ravvicinato, lo rivela piangente. È davvero possibile modificare il futuro? Thompson sembra negare queta possibilità fin quando non raccoglieremo l'invito a deporre l’ascia di guerra: il mondo così com'è rimarrà sempre vittima dell’odio e della violenza. Capitolo finale, dunque, sotto tono e soporifero, incapace di emozionare lo spettatore fino in fondo. Peccato.