Un autobus carico di un gruppo di persone si accinge a passare su un ponte in costruzione. Poco prima di attraversarlo, uno dei passeggeri ha un’atroce premonizione molto dettagliata, che gli anticipa il disastro imminente. Preso dal panico, riesce a convincere i compagni di viaggio a scendere dal mezzo, giusto in tempo per assistere alla caduta rovinosa del ponte. Né le autorità né tantomeno i superstiti sanno capacitarsi dell’accaduto e trovare una spiegazione razionale. Poco a poco una parte dei sopravvissuti viene però coinvolta in incidenti mortali sconvolgenti, come se il destino fosse tornato a prenderli. Giunti al quinto capitolo della saga, non c’era motivo di cambiare quello che è uno dei marchi di fabbrica più riconosciuti nell’immaginario cinematografico collettivo. La Morte, con le sue sottili manovre e il suo cinismo senza limiti, è ancora una volta la protagonista invisibile che si cela dietro ai personaggi, tanto da renderli dei burattini completamente impotenti di fronte allo scorrere degli eventi. Che sia un ponte, un aeroplano, un’autostrada o una giostra, il via alle danze viene dato sempre da una tragedia scampata grazie alla premonizione avvertita da uno dei malcapitati. Dal primo episodio, ormai si sa già che saranno in molti a morire, così come non mancheranno tentativi estremi per sfuggire al piano efferato del destino. Come ne Il Tenente Colombo il piacere consiste nel capire come l’assassino (già noto) sarà incastrato, in Final Destination il divertimento scaturisce nell’osservare quale decesso orribile sta per essere riservato all’ignara vittima; il tutto condito da effetti speciali sempre più trucidi e cruenti, così al limite dell’esagerazione da suscitare una paradossale ilarità. Il gore di quest’ultimo episodio raggiunge apici mai visti prima, grazie ad un 3D nettamente migliorato e una maniacale varietà di incidenti mortiferi. La fantasia alla vecchia mietitrice non manca di certo e stavolta viene davvero da chiedersi cosa l’abbia fatta arrabbiare a tal punto. Arrivare al quinto tassello con un’alchimia così poco rinnovata, seppur collaudata, non era così scontato, ma il botteghino ha continuato a dare fiducia ad uno dei filoni più longevi ancora in vita. Non è escluso che proprio la tendenza a cambiare una sola carta ogni mano sia la ricetta vincente e convincente per spingere il grande pubblico a comprare il biglietto. È sufficiente inventare una nuova serie di fatali incidenti ed ecco che la ruota torna a girare. Chi entra in sala sa benissimo cosa aspettarsi, ed è quello che vuole, nient’altro che saziarsi con una cinica abbuffata di atrocità. Anche dalle serie più fortunate è legittimo aspettarsi un minimo di rinnovamento, seppur rischioso nell’andare a compromettere la ferrea fidelizzazione instaurata con lo spettatore. Gli autori di Final Destination 5 hanno invece optato per la scelta opposta, virando verso una struttura narrativa ed emotiva ridotta all’osso, incapace di costruire delle personalità tangibili e dei legami effettivi tra i protagonisti. Si ha fretta di passare subito alla morte successiva, a scapito di quella suspense coinvolgente che aveva contribuito al successo della saga.