Liberamente tratto dal romanzo a fumetti Nessuno mi farà del male di Giacomo Monti, la pellicola segna il debutto alla regia del grande fumettista italiano Gian Alfonso Pacinotti, in concorso alla 68° Mostra del Cinema di Venezia. Luca Bertacci (Gabriele Spinelli) è un uomo taciturno, solitario, fa il cameriere al bingo e vive in un piccolo appartamento in un quartiere di case tutte uguali fra loro, davanti alla quale abita Anna (Anna Bellato), donna di cui è segretamente innamorato, ma con la quale non ha mai scambiato una parola. Pranza ogni tanto col padre (Roberto Herlitzka) che ogni volta gli rinnova il suo odio per le donne, e ha come sua unica amica un transessuale, Roberta (Luca Marinelli, il Mattia de La solitudine dei numeri primi), che conosce fin dall’infanzia e per il quale nutre un’amicizia sincera. Intanto tutti i tg e i giornali annunciano l’arrivo degli extraterresti in un paese in piena crisi economica e d’identità che, invece di creare allarmismo e paura, fa sprofondare gli abitanti nella più bieca indifferenza e disillusione tanto da sembrare semplicemente l’ennesimo gruppo di immigrati che vengono da noi a trovare fortuna. La venuta di queste nuove creature assumerà via via i contorni di vera e propria rivelazione surreale, una redenzione siderale, che innesca eventi inaspettati tali da fungere come linfa vitale per una nuova esistenza: Luca è, quindi, il primo abitante di un pianete rigenerato a nuova vita. Il regista già nel suo primo corto Vaffanculo del terzo tipo presentava lo sbarco degli alieni, presi a sassate e apostrofati con un “dovevate arrivare negli anni ‘60”. Ma qui ciò che interessa è l’evoluzione del protagonista da uomo alieno in un contesto alienante, a uomo che prende coscienza di sé e dell’altro in una società che non offre vie d’uscita: o si è omologati nel vaniloquio comune radiotelevisivo e delle sette che succhiano soldi a incauti cittadini, o si vive da invisibili, da esclusi. Ovvio che la venuta di questi esseri grigi che riportano in auge i valori dell’amicizia e dell’amore, alla lunga, diventa straniante in un contesto dove l’amore si paga (il film inizia con la telefonata di Luca a una prostituta che incontrerà in un immenso mobilificio, dove lei è solita ricevere i clienti) e la diversità (estremizzata nella figura del trans) è il luogo dove si scatena la più esecrabile brutalità. Fin dalle prime sequenze, dove si presentano gli ambienti e i personaggi, il regista dipinge con estrema consapevolezza e intelligenza l’ironica surrealtà di un’Italia razzista, cialtrona e misogina: le immagini di un cielo stellato, lontanissimo, hanno in sottofondo la voce della “zanzara” Giuseppe Cruciani, che parla con i radioascoltatori preoccupati che questi nuovi esseri possano rubare loro il lavoro o che ne possa risentire il calcio italiano e la nazionale (nello specifico, il Cesena calcio). Infatti, la prima aliena che arriva viene subito impiegata come badante da Roberto Herlitzka, che la sfrutta per i lavori domestici, mentre lui se ne va a divertirsi con gli amici e torna a casa ubriaco fradicio. Opera coraggiosa, geniale e graffiante, ma soprattutto originale, che esce dal seminato del cinema italiano, conformista e perbenista e assolutamente (anche questo) alienante, offrendo un piccolo oggetto non identificato che rimane ben impresso nella mente grazie anche al sorprendente Gabriele Spinelli, vero e proprio alterego dello stesso Gipi. L'ultimo terrestre è un riuscito film d'esordio, nonostante l’incisività politica e dissacrante non venga mantenuta, per concentrare maggiormente l’attenzione sul dramma umano del protagonista, sulla sua impossibilità di amare e sul senso di colpa, lasciando quindi un certo disequilibrio rispetto al bell’impatto e alle premesse iniziali.