Davanti all’enorme successo editoriale di Un giorno, l’ultimo romanzo strappalacrime dello scrittore David Nicholls, era inevitabile che la fabbrica dei sogni hollywoodiana pensasse di realizzarne una trasposizione cinematografica. E così, coinvolgendo l’autore in fase di sceneggiatura, la produzione ha affidato a Lone Scherfig la regia di One day. Emma (Anne Hathaway) e Dexter (Jim Sturgess) si conoscono per caso il 15 luglio 1988, il giorno della loro laurea. Lei è una ragazza timida, impacciata e molto intelligente. Lui, invece, è un latin lover, un ricco e borghese dongiovanni, arrogante figlio di papà. Prima ancora che se ne accorgano, i due ragazzi diventano amici pur non avendo niente in comune. La passione di Emma e la voglia di trovare un lavoro adatto alle sue abilità di scrittrice, la portano all’estero, lontana da Dex. Lui, invece, rimane in patria e diventa il conduttore televisivo di un programma spazzatura, una di quelle trasmissioni notturne dedite a mostrare volgarità per intrattenere chi soffre d’insonnia. La loro amicizia però non si incrina, non si rompe, e non interferisce con le loro rispettive storie d’amore. Gli anni passano e mentre Dex diventa (involontariamente) padre e marito, Emma raggiunge il successo e incontra un affascinante jazzista. Quando tutto sembra essersi sistemato, però, le cose cambiano e i due amici saranno costretti a fare i conti con una verità che hanno sempre fatto finta di non vedere. Dopo aver diretto il tanto dibattuto An education - forse a causa dell’attuale scabrosità dei rapporti tra patner di età diverse -, la regista Lone Scherfig ha deciso di dare importanza alla componente temporale anche nel suo nuovo lavoro. È il tempo, infatti, il protagonista assoluto della pellicola: ogni 15 luglio, Emma e Dexter si incontrano (per scontrarsi), e lo spettatore assiste all’evoluzione, all’incrinatura, alla rottura, al ricongiungimento e, infine, al cambiamento del rapporto tra due opposti che si attraggono. Lei da ragazzina acerba e imbranata diventa velocemente una donna elegante ed attraente, mentre lui, da ragazzo sensuale e provocante, diventa un uomo invecchiato, appassito, senza voglia di vivere. Ci vorranno “solo” venti anni per costruire il puzzle e per capire che mancano appena due pezzi per completarlo. Probabilmente anche per merito della sceneggiatura di Nicholls, la pellicola lascia il segno. Il pubblico si ritrova lentamente coinvolto in una storia d’amore che si rimanda, che si posticipa, che non viene vissuta. E mentre si fa il tifo per l’uno o per l’altro dei protagonisti, inevitabilmente, si parteggia per la loro unione. Anne Hathaway è perfetta nel ruolo di una ragazza goffa e insicura: riscattata dopo la parte non troppo riuscita in Amore e altri rimedi, l’attrice newyorkese riesce a creare la giusta dose di tensione empatica tra personaggio e spettatore. Jim Sturgess, d’altro canto, dopo Across the universe, indossa i panni di un giovane borghese snob e superficiale che, dietro la maschera dell’uomo affermato e sicuro di sé, nasconde un’innata fragilità e solitudine. Scherfig e Nicholls lanciano un chiaro messaggio: è inutile negarsi la gioia di amare per paura di soffrire. Meglio soffrire e pentirsi dell’errore che avere il rimorso di non aver vissuto ascoltando il proprio cuore.