Dalla sua creazione il mito di Dracula ha sposato tanto la realtà quanto la finzione. La realtà rappresentata dal personaggio nel suo aspetto truculento e sanguinario, uniti ai tratti che da sempre, iconograficamente, lo distinguono: ampio mantello nero, viso emaciato, lunghi canini affilati, occhi profondi e vitrei. La versione di Francis Ford Coppola può essere sintetizzata nella definizione di incubo erotico. Il regista italoamericano prende le mosse dall’omonimo libro di Bram Stoker, pubblicato nel 1897 e divenuto famoso in tutto il mondo dopo la sua morte. L'autore scrive il romanzo mentre Sigmund Freud elabora la sua famosissima dottrina sull’Interpretazione dei sogni e si preannuncia come padre fondatore della psicanalisi. La pellicola - a dispetto del titolo, fedele solo per certi versi al romanzo - enfatizza l’aspetto sensuale; la pulsione sessuale che muove il male a compiere atti di efferata violenza è un feel rouge costante, che lega seppur in maniera diversa numerosi personaggi. Mina (Winona Rider) sta per sposare Jonathan (Keanu Reeves), quando quest'ultimo viene mandato in Transilvania per chiudere un’annosa questione burocratica con un cliente facoltoso, il conte Dracula (il poliedrico Gary Oldman). Le lettere che lui le invia da quella terra tetra e desolata non le sono di conforto, anzi acuiscono in lei il dubbio che qualcosa di angoscioso stia capitando al suo acerbo amore. Per fortuna ad allietare i giorni di assenza dell’amato c’è l’amica Lucy (Sadie Frost): solare, estroversa, carismatica e ricca, giovane promessa dell’alta borghesia inglese. Ma ombre oscure si addensano nell’aria, minacciosi venti soffiano da est. Solo un uomo, Van Helsing (Anthony Hopkins), studioso dell’occulto sarà in grado di sconfiggere il male, non senza dolorose perdite. Dracula è il solo personaggio horror a poter vantare forti caratterizzazioni afferenti alla sfera sessuale. Il morso da lui inferto avviene alla giugulare, una delle parti erogene femminili per eccellenza; il sangue di cui si ciba è simbolo di passione e di vita. La stessa Lucy - vittima predestinata del mostro – nella sequenza visivamente più carnale ed esplicita, indossa un abito arancione dalla tonalità volutamente accesa. Dracula succhia il sangue, è il solo modo per perpetrare la sua vita. Molti insetti uccidono il partner durante il coito o muoiono subito dopo. L’amore è una pratica cannibalesca per antonomasia: l’amante fagocita l’amata in senso fisico (durante l’atto sessuale) o emotivamente (rendendolo quanto più simile a sé). Dracula sintetizza il principio, che cinematograficamente ne ha conclamato il successo: è eros e thanatos insieme, e tale dicotomia ha evidenziato potenzialità espressive inimmaginabili, tali da rendere non solo immortale il mito ma sempre attuale il personaggio. Ne sono una testimonianza le numerose fiction per ragazzi e collane letterarie a tematica vampiresca che alimentano l’interesse esercitato sulle nuove generazioni. La saga di Twilight (scritta da Stephenie Meyer) iniziata nel 2005 e conclusasi nel 2012 ha determinato un punto di svolta nella ridefinizione della maschera da sempre caratterizzata con tratti turpi ed orripilanti, trasformandola in un’icona di sensuale appeal per le giovani teenager. Il film di Francis Ford Coppola è un antesignano in tal senso: il protagonista impersona il male nelle sue variegate forme orrorifiche classiche (nebbia, lupo, topo, pipistrello gigante), ma anche attraenti (il giovane conte per esempio), attirando su di sé l’attenzione di un’ingenua ma voluttuosa Mina. La storia d’amore tra i due lancia un nuovo messaggio concettuale e visivo, consentendo il meticciato dei generi: horror, romantico ed erotico convivono nella stessa pellicola mirabilmente con buona pace degli appassionati dell’orrido sic et simpliciter. Il cinema si fa arte, dal trucco (di Greg Cannom, Michèle Burke e Matthew W. Mungle) ai costumi della concept designer Eiko Ishioka, ispirati ai classici del simbolismo artistico: il più evidente è Klimt, citato anche nella sequenza più romantica, l’abbraccio tra Mina e Dracula che richiama la sua opera più famosa, Il bacio. L’abilità del regista e del figlio Roman Coppola (responsabile degli effetti speciali e regista della seconda unità ) è stato principalmente nell’ostinata convinzione di non avvalersi delle recenti innovazioni nel campo della computer grafica, ma di aver optato per una scelta più tradizionale nel rendere le ambiguità del Conte tramite giochi di luce, ombre, illusioni ottiche e prospettive.