Caposaldo assoluto della commedia trash italiana, nominato anche da Fantozzi tra le turpi pellicole che il direttore era costretto a vedere sui ceci dopo aver fatto passare ai dipendenti l’ennesima nottata in bianco, L’esorciccio è la parodia a base di aglio e peperoncino de L’Esorcista, capolavoro horror di William Friedkin che aveva visto la luce due anni prima. La vicenda ruota intorno a un amuleto dai poteri diabolici rinvenuto durante degli scavi in Iran. L’amuleto finisce tra le mani del figlio di Pasqualino Abate (Lino Banfi), sindaco di un paesino vicino Roma, che ottiene una forza sovrumana e una libido sproporzionata: il sindaco ricorre alle cure dell’Esorciccio che libera il ragazzo dalla possessione ma l’amuleto passerà prima alla figlia di Pasqualino, poi alla moglie e a Pasqualino stesso, prima di venire inghiottito dall’Esorciccio che si trasforma in un demone. Ciccio Ingrassia, orfano di Franco Franchi (a cui dedica una frecciata nel corso del film prendendo a calci un caratterista che ne fa l’imitazione) con il quale aveva litigato qualche anno prima, scrive il soggetto, dirige e interpreta una commedia surreale e sui generis, che ebbe una notevole fortuna all’epoca (era il 1975), mentre oggi accusa notevolmente i segni del tempo. Il regista scelse di girare nella sua vera villa, a dimostrazione della povertà di mezzi concessi dalla produzione al noto comico siciliano. La verve di un Banfi decisamente sopra le righe e alcune scene memorabili fanno di questo film una commedia cult degli anni ’70: ad anni di distanza però spezzoni come quello dell’esorcismo o della barbuta Didi Perego (moglie di Banfi nella finzione) difficilmente possono strappare più di un timido sorriso, e Ubaldo Lay che parodia il suo tenente Sheridan è ormai preistoria. Per gli aficionados della commedia all'italiana.