In una Parigi geometrica e spersonalizzante, un uomo e una donna si incontrano grazie ad un appuntamento al buio. Lui, decisamente più avanti con l’età di lei, vive in un appartamento spoglio nella capitale francese, che farà da cornice ad innumerevoli incontri amorosi. Pareti prive di personalità e pavimenti gelidi assisteranno alla liason tra i due sconosciuti, entrambi italiani, ma che arbitrariamente decidono di comunicare tra loro solo in inglese. Mentre la città fuori fagocita i suoi abitanti, i silenzi tra i due protagonisti riecheggiano tra le quattro mura; mentre là fuori i clacson e il traffico scandiscono il tempo, lì dentro la dimensione temporale si ferma, lasciando spazio ad un'eterna ed imbarazzante incomunicabilità. Riprendendo tematicamente e logisticamente Ultimo tango a Parigi, dopo averlo privato della sua componente erotica e scabrosa, Penultimo Paesaggio racconta in un bianco e nero contrastante una “non storia”, allontanandosi volontariamente da qualsiasi forma narrativa. L’espediente dei due amanti sullo sfondo della metropoli, interpretati da Luciano Levrone e Simona Rossi, si perde dentro una messa in scena simbolica, attenta a mantenere l’originale durata di ogni singola azione e disattenta nel sostenere l’attenzione del pubblico. La scelta del regista Fabrizio Ferraro di avvicinarsi ad un cinema d’autore d’altri tempi, risulta decisamente anacronistica, riprendendo stilisticamente e tematicamente forme espressive, scelte registiche e ricerche di senso ormai superate e soprattutto lontane anni luce dall’attenzione dello spettatore. La mappatura di una Parigi protagonista divisa per classi sociali, i dialoghi minimalisti sull’assenza di futuro per la nostra umanità e le interminabili sequenze frammentarie e nonsense, caratterizzano l’ultima opera di Ferraro, tentativo pretenzioso distribuito da Movimento Film dal 12 dicembre nelle sale.