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Il loro Natale

19/12/2011 12:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Il loro Natale

Dura lex, sed lex...

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Dura lex, sed lex. La civiltà dell’uomo si basa su questo apologo che, nella sua semplicità, rende pienamente l’idea di un mondo sociale retto da regole e leggi che bisogna rispettare. La violazione di queste leggi porta inevitabilmente a punizioni di entità variabile, e spesso alla prigione. Il cinema, mezzo di intrattenimento ma anche di denuncia sociale, si è più volte occupato della situazione di carcerati e reietti, portando alla luce i paradossi e le ingiustizie che avvengono proprio negli istituti che dovrebbero, al contrario, garantire una sorta di ri-educazione alla civiltà. Ma cosa succede quando chi è in prigione convive con la propria colpevolezza senza abbandonarsi al pentimento? Come si può, in questo caso, smuovere la coscienza di un pubblico che, nella sua teorica innocenza, non riesce a immedesimarsi nel reo? Gaetano di Vaio, ex carcerato e autore del docu-film di Ferrara Napoli Napoli Napoli, cerca di risolvere questo gap fruitivo puntando la macchina da presa non tanto su coloro che hanno fatto una scelta (sbagliata), quanto su coloro che sono rimasti fuori, coloro che si sono trovati a subire le decisioni altrui.


Maddalena, Mariarca, Titina e Stefania sono donne, all’apparenza, come tutte le altre. Mettono in ordine casa, seguono i figli e cercano di camminare a testa alta. Ma tutte loro hanno in comune un’ombra che pesa sulla loro quotidianità con la stessa gravità della lettera infamante di Hawthorne: sono tutte madri, mogli, figlie di detenuti delle carceri di Poggioreale e Secondignano. Con un tale bagaglio è difficile, per tutte loro, evitare l’emarginazione sociale, il distacco degli altri; allo stesso modo costruire una vita con una parvenza di normalità risulta essere quantomeno problematico. Organizzare la propria esistenza, facendola ruotare attorno agli incontri settimanali, rappresenta una sfida che spesso viene vinta anche grazie all’aiuto di persone in situazioni simili, o grazie all’azione congiunta di un buon vicinato. Ma quando le festività natalizie – periodo tradizionalmente dedicato alla famiglia – si avvicinano, i problemi pratici vengono a legarsi con una tristezza emotiva di fondo che richiede a queste donne un ulteriore sforzo di volontà.


Descrivere con la macchina da presa una situazione di routine non è mai facile; il cinema, per sua stessa natura, è nato per descrivere l’eccezione, quel punto di svolta che deve essere presente in ogni buona sceneggiatura. Il documentario, in particolare, il più delle volte serve a svelare elementi poco conosciuti di una situazione altrimenti ben nota. Ed ecco dove sta l’elemento innovativo nel film di Gaetano Di Vaio: nell’immaginario collettivo Napoli è sempre associata a una sorta di criminalità quotidiana. A cosa servirebbe, allora, parlarne come hanno già fatto in molti? Il regista decide di parlare della criminalità non tanto dal punto di vista di chi la commette, ma di chi la subisce. E non si parla delle vittime di attentati, rapine o aggressioni, ma di quelle persone che stanno nel mezzo, legate da sentimenti di affetto e di amore verso i responsabili del reato e che spesso devono vedersela con la rabbia e il risentimento della società. Le quattro donne descritte da Di Vaio sono eroine silenziose, che accettano di subire le conseguenze di scelte che non appartengono a loro, senza alcun aiuto da quella società che invece dovrebbe proteggerle.


Presentato alla 67^ Mostra Internazionale d’arte Cinematografica, nella sezione Controcampo Italiano, Il loro Natale è un documentario senz’altro necessario per descrivere la situazione dentro, e fuori delle carceri, al di là delle mura e delle sbarre. Con delicata partecipazione, Gaetano di Vaio riesce a descrivere pienamente la situazione di disagio di queste donne sole, alle prese con la crescita di bambini traumatizzati dall’assenza forzata dei padri o dei fratelli, mentre per le vie illuminate di Napoli, la gente si prepara a festeggiare il Natale.


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