Se c'è un regista che colora i fotogrammi delle sue pellicole con le tinte, i sapori e gli odori di un'epoca passata, lontana e misteriosa, quello è sicuramente Jean Jacques Annaud. Dopo aver conquistato le simpatie del pubblico con Due fratelli, il regista francese torna in cabina di regia per dirigere Il principe del deserto, film ispirato al romanzo South of the Heart: A Novel of Modern Arabia di Hans Ruesch. Arabia, 1830. Due sovrani si contendono il possesso della striscia gialla, una sottile zona al confine con i rispettivi regni. Per mantenere la pace, i regnanti decidono di definirla una zona neutrale, appartenente, quindi, esclusivamente alla terra. Dopo aver perso una battaglia, il Re Amar, secondo il costume tribale, è costretto a cedere i suoi due piccoli figli al nemico. Gli anni passano, gli occidentali si accorgono delle ricchezze delle terre orientali e l'oro prende possesso persino delle menti e dei corpi degli uomini arabi più potenti. L'intrepido Re Nesib viene convinto a sfruttare la striscia gialla, ricca di petrolio, per arricchirsi, scatenando così l'ira del Re Amar. Per non contravvenire alle clausole del trattato e rischiare un attacco nemico, l’astuto Nesib costringe sua figlia Leila a sposare Auda, timido e impacciato secondogenito di Amar. Nessuno avrebbe mai immaginato, però, che il giovane ragazzo, da goffo bibliotecario, si sarebbe trasformato presto in un condottiero valoroso, un eroe moderno, una leggenda eterna. Oltre alla costante presenza del passato, le opere di Annaud presentano sempre personaggi scissi, divisi, indecisi. Auda è un ragazzo costretto a scegliere tra due padri, tra due donne, tra due destini. Sicuramente estremizzato rispetto al modello letterario, il Principe è interpretato da un Tahar Rahim forte della sua precedente performance ne Il profeta, credibile, dunque, nella rapida e imprevista trasformazione del suo nuovo personaggio. Nonostante l'innegabile bravura del giovane attore, però, l'artista migliore è innegabilmente Mark Strong, intrepido e istrionico performer d'altri tempi che conferma il suo talento e tiene alto lo stendardo degli attori "vecchio stampo". Nonostante il validissimo cast (che annovera anche Antonio Banderas e Freida Pinto), le musiche fiabesche e la fotografia da Mille e una notte, la pellicola è decisamente troppo lunga. Il ritmo è piuttosto lento e molte scene di combattimento avrebbero meritato una sfoltita. I dialoghi, spesso surreali, sono imperniati di richiami al presente: infatti, anche se i personaggi indossano abiti del secolo scorso, le loro modalità di azione (e corruzione) risultano note. Il principe del deserto è una pellicola d'avventura che, proprio come Le crociate, ricorda l'importanza di ogni punto di vista nella lettura della storia, e il bisogno di combattere per ciò in cui si crede, senza arrendersi mai.