Galya (Yuliya Vysotskaya) è un'operaia trentenne che sogna di fuggire dal suo piccolo paese natale per ottenere fama e successo a Mosca lavorando come modella. Le sue ambizioni si scontrano con lo spietato mondo del business, e giunta nella capitale russa si ritrova a lavorare come sarta per due famosi stilisti. La fortuna sembra finalmente venirle incontro quando ottiene la fiducia di un facoltoso uomo d'affari a capo di un'agenzia di escort... Gloss è una grossa occasione sprecata. Andrey Konchalovskiy (Lo schiaccianoci 3D), regista russo di consolidata fama ma dalla carriera incostante, vorrebbe graffiare con una spietata analisi sociale sul mondo della moda, tuttavia fallisce l'obiettivo a causa di una dozzinalità narrativa che impedisce una reale immedesimazione con la protagonista, i cui dubbi e tormenti vengono soltanto abbozzati, tratteggiati troppo negli estremi senza mai andare alla radice del suo disagio interiore. I flashback e deliri onirici che emergono a tratti non fanno che spaesare ancora di più lo spettatore, già provato da un montaggio dissennato - anche nel director's cut - che nasconde, a causa di improvvisi salti temporali, la reale maturazione di Galya. L'introduzione di personaggi che nell'arco di pochi minuti e senza un reale motivo scompaiono letteralmente dal film, denota tutti i difetti di una sceneggiatura lacunosa, curata a quattro mani dallo stesso regista insieme a Dunya Smirnova. Oltre allo sbiadito ritratto di un mondo dominato dal dio denaro, anche il versante erotico inizialmente suggerito da trailer e locandine è talmente patinato da sfigurare dinanzi a un qualsiasi scadente programma televisivo, scoraggiando in partenza anche gli amanti delle grazie femminili. L'unico spunto degno di interesse risiede nell'interpretazione di Yuliya Vysotskaya, improbabilmente fascinosa, che riesce a regalare un sussulto di personalità alla figura di Galya, vittima designata di un gioco più grande di lei.