Impegnati in una missione all'interno del Cremlino, Ethan Hunt e la sua squadra cadono in una trappola: qualcuno ha piazzato una bomba che distrugge l'edificio, e l'IMF viene ritenuta responsabile. Per la Russia è un atto di guerra da parte degli Stati Uniti, e il governo americano è costretto a chiudere l'agenzia, lasciando che siano Hunt e gli altri agenti ad assumersi la colpa. Ufficiosamente, però, la sua squadra potrà agire per smascherare il complotto: dovranno indagare clandestinamente, sfruttando l'ingegno e le poche risorse disponibili. A loro si aggiunge Brandt, un funzionario governativo che nasconde un passato ben lontano dalle scrivanie, e insieme dovranno fermare i piani di Kurt Hendricks, che progetta di scatenare una guerra atomica... A volte, le maglie di un franchise sono abbastanza larghe da lasciar filtare uno spiraglio di personalità autoriale, e Mission: Impossible - diversamente da altre saghe d'azione, si pensi a 007 - ha il merito di non appiattire troppo lo stile dei registi chiamati in causa, di modo che ogni capitolo possa vantare le sue peculiarità e i suoi tratti distintivi: accade così che persino il brillante Brad Bird, dopo i gioielli animati Il gigante di ferro, Gli Incredibili - Una normale famiglia di supereroi e Ratatouille, riesca a introdurre qualcosa di personale in un prodotto solo apparentemente standardizzato, ma in realtà aperto a nuovi approcci e nuove influenze espressive. Abbandonati i legami con la serie televisiva di Bruce Geller, Mission: Impossible ritrova però, da un lato, lo spirito del team (i volti noti di Jeremy Renner e Simon Pegg non sono certo lì per caso), e dall'altro il piacere di un'avventura scevra dalle futili giustificazioni socio-familiari che appesantivano il terzo capitolo, grazie a un espediente di sceneggiatura sensato e piuttosto efficace. Qui interviene Brad Bird con il suo talento di narratore: pur curando solo la regia, Bird imprime un sigillo alquanto personale, avvertibile nel clima giocoso e divertito che anima molte sequenze del film. In effetti Mission: Impossible - Protocollo Fantasma, contrariamente agli altri episodi, non si prende mai troppo sul serio e stipula un patto ben preciso con gli spettatori, un patto basato sull'accettazione disincantata dell'assurdo in ogni sua forma, dalle spericolate acrobazie fumettistiche di Tom Cruise/Ethan Hunt (memorabile la sequenza sul Burj Khalifa) alle incredibili tecnologie utilizzate dagli agenti, rivelatrici di un sano piacere naïf per tutto ciò che rappresenta l'impossibile. Il gioco dei cliché e l'ironia di molte situazioni - una piacevole novità all'interno del franchise - si accompagnano a uno svolgimento dai ritmi scalpitanti e ricco di azione furibonda, che travolge lo spettatore per i 130 minuti di durata complessiva, senza mai rischiare la noia. Nella visione di Bird emerge quindi una chiarissima consapevolezza spettacolare, intesa come capacità di spettacolarizzare ogni segmento del film calibrando i tempi narrativi al millesimo di secondo, ma anche sfruttando con cognizione di causa il formato IMAX, che impatta sullo sguardo del pubblico e quasi lo attrae dentro lo schermo, il tutto in virtù della sua spiccata forza gravitazionale. Mai una sosta, mai una caduta di ritmo: Mission: Impossible - Protocollo Fantasma è cinema ipercinetico allo stato puro, solo lievemente penalizzato dalla scarsa caratterizzazione dell'antagonista di turno (Michael Nyqvist, folle utopista che vuole mondare il pianeta attraverso la guerra atomica... un piano "simpaticamente" vintage). Il divertimento è genuino, e dalla sala si esce sazi e soddisfatti.