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Arthur e il popolo dei minimei

29/12/2011 12:00

Erika Pomella

Recensione Film, Arthur,

Arthur e il popolo dei minimei

Quando si pensa a Luc Besson la prima cosa che viene in mente è una filmografia piena d’azione, dove piccoli capolavori come Léon e Nikita la fanno da padroni..

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Quando si pensa a Luc Besson la prima cosa che viene in mente è una filmografia piena d’azione, dove piccoli capolavori come Léon e Nikita la fanno da padroni. Si tratta, il più delle volte, di storie in cui personaggi ingenui e fondamentalmente positivi si muovono in un mondo corrotto e violento, fatto di sangue e morte. Seguendo questo filo logico, pare quasi incredibile pensare che il regista francese sia anche il co-autore (insieme a Céline Garcia) di una saga dedicata principalmente ai bambini. Arthur et les minimoys viene dato alle stampe nel 2002, diventando in brevissimo tempo un best seller della letteratura per ragazzi. Edito, per l’Italia, da Mondadori, Arthur e il popolo dei minimei diventa nel 2006 un film scritto e diretto dallo stesso Besson, con Freddie Highmore (Neverland, La fabbrica di cioccolato) nei panni del piccolo ed eroico Arthur.


Anni ’60. Arthur (Freddie Highmore) passa l’estate nella fattoria della nonna (Mia Farrow), creando piccole invenzioni per tentare di emulare il genio del nonno Archibald (Ron Crawford), scomparso tre anni prima. Mentre i genitori (i divertenti Penny Balfour e Doug Rand) sono troppo indaffarati anche solo per essere presenti al compleanno del ragazzo, Arthur scopre che la casa dei nonni sarà venduta entro 48 ore ad un uomo senza scrupoli. Desideroso di aiutare la nonna a mantenere la casa e tutti i ricordi che essa contiene, Arthur decide di andare alla ricerca del tesoro dei Minimei, un popolo di creature alte solo due millimetri, che rappresentavano una vera e propria ossessione del nonno. Grazie al potere del raggio di luna, Arthur riesce ad aprire il passaggio e a trasformarsi a sua volta in un Minimeo. Arrivato alla corte del re dei Minimei, Arhur incontra la principessa Selenia (Mylène Farmer) e suo fratello Bétamèche (Cartman) e insieme a loro partirà per un periglioso viaggio, dove la strada dei tre piccoli eroi si incrocerà con quella del malvagio Maltazard (Alain Bashung), teso alla conquista della minuscola popolazione.


Perdersi non è mai stato così piacevole: a differenza del mondo reale - quello in cui viene costantemente ignorato da due genitori distratti - Arthur trova tra i Minimei una sua collocazione. Come nella migliore tradizione favolistica, il protagonista della fiaba di Besson è un personaggio diviso tra due mondi: quello reale, dove le sue potenzialità rimangono inespresse e quello dell’immaginazione, dove può esprimersi al massimo delle sue possibilità. Vero e proprio racconto di formazione, Arthur e il popolo dei Minimei permette a Luc Besson di attingere alla cinematografia per ragazzi, rielaborandola grazie al proprio stile drammaturgico e alla sua sensibilità fanciullesca. Per provare la fedeltà e la purezza del suo cuore ai nuovi amici, Arthur non deve fare altro che estrarre una spada magica da una roccia, proprio come (il quasi omonimo) Artù che, nel film La spada della roccia, si trasforma da piccolo garzone a futuro re. Una volta dimostrate le sue capacità, Arthur intraprenderà un meraviglioso viaggio on the road nella natura selvaggia del giardino di casa, ripercorrendo il cammino dei protagonisti del film cult Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi. Questi omaggi (tra cui anche Pulp Fiction, La febbre del sabato sera), lungi dall’essere dei semplici rimandi, ricollegano Arthur ad un filone cinematografico ben noto, con una diegesi che, seppur destinata evidentemente ai più piccoli, non mancherà di irretire spettatori più scafati.


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